Quando ho saputo che Timothy Brook aveva scritto un terzo libro intitolato “Il cappello di Vermeer” (che poi in realtà sarebbe il primo, “La mappa della Cina del Signor Selden” è il secondo e “Il leopardo di Kublai Khan” l’ultimo) mi sono detto che avrei dovuto recuperarlo e leggerlo il prima possibile.
Eccomi quindi qui a raccontarvi cosa ne penso di questo titolo che ho iniziato circa 10 giorni fa e quasi finito.
Il cappello di Vermeer e la globalizzazione
C’è senza dubbio un filo conduttore che lega i tre titoli di Brook tradotti in italiano, ed editi da Einaudi (che allitterazione ragazzi). Il filo conduttore è la globalizzazione prima della globalizzazione, è il legame che si sonda nello spazio e nel tempo fra l’est e l’ovest del mondo. Per essere ancora più precisi tra Cina ed Europa.
Questa volta sarà il pittore olandese Vermeer a fornirci la chiave per aprire la porta del XVI secolo.
I suoi dipinti La veduta di Delft, la Ragazza con l’orecchino di perla, l’Ufficiale e la donna che ride, furono tutti dipinti da nella cittadina di Delft e da quella cittadina, attraverso i colori, le tecniche pittoriche, gli oggetti e i personaggi riprodotti, Brook ci apre una dottissima e affascinante finestra sul mondo del XVI secolo. Un mondo che cominciava ad essere globalizzato, a seguito delle grandi esplorazioni del XVI secolo ma non aveva ancora visto nascere l’ideologia imperialista, che dominerà il XVIII .
Tra parentesi. A dispetto della sua fama attuale, e come spesso accade ai pittori, Vermeer morirà povero. La sua vedova sarà costretta a dichiarare fallimento alcuni mesi dopo la morte del marito.
La bellezza del cappello di Vermeer
Torniamo al libro. Come negli altri suoi scritti, anche in questo caso la bravura di Timothy Brook sta nel prendere elementi apparentemente casuali, semplici, circoscritti ad un preciso tempo e luogo e raccontarci quello che ci sta dietro. Brook sovente dipana un filo lungo e poco visibile che lega persone e cose lontane, vissute in un mondo che, almeno nella nostra immaginazione, sarebbe dovuto essere molto più semplice, piccolo e “provinciale”.
In questo caso è l’arte del pittore olandese a permetterci il gioco di specchi, in altri casi era stata una mappa o una storia di una principessa, di un viaggiatore, di un naufrago o ancora di un eunuco.
Sembra molto strano ma dietro il cappello he vedete nella foto sopra c’è la storia della ricerca del passaggio a nord ovest, c’è la storia delle battaglie francesi in Nord America e della colonizzazione del Quebec. C’è insomma la violenza della conquista del Nuovo Mondo e l’affanosa rincorsa alle ricchezze dell’Oriente.
Conclusione
Il cappello di Vermeer è un altro libro che ha raccolto molti premi, tutti meritati. Scritto con con intelligenza, forza, acutezza pieno di riferimenti e nozioni senza essere mai noioso o pedante.
La cifra tipica di Timothy Brook, nata con questo libro e che rimane inalterata anche nei successivi, si caratterizza soprattutto nel mettere nella giusta luce i rapporti, attuali e storici, che intercorrono tra la Cina e l’Europa occidentale. E se, anche alla luce della recente pandemia, questa non la considerate una cosa importante, non so davvero che cosa possa essere considerato tale.
Il post sul libro “Il cappello di Vermeer” direi che è finito. Se volete vi lascio un po’ di altri link che potrebbero fare al caso vostro:
Sostiene Pereira, il classico firmato Antonio Tabucchi