Avventura, archeologia misteriosa e antichi astronauti
In una notte così è una storia che intreccia passato e presente, miti Inca e archeologia misteriosa, Europa, Hong Kong e Sud America.
Nel presente una missione archeologica è alla ricerca di una città perduta che se ritrovata potrebbe far riscrivere la narrazione della nascita della nostra civiltà.
Nel passato l'impero Inca di Topa Inca Yupanqui è minacciato dall'interno e dall'esterno, mentre una siccità miete vittime al sud. Riuscierà l'Imperatore a mantenere il controllo di Tawantinsuyu?
In una notte così
Capitolo 1 A
READ MOREFu solo quando quando richiuse la porta dietro di sè che la sensazione di soffocamento si fece più chiara e vivida. Sembrava quasi che un muro d’acqua si fosse riversato sopra Alessandro Fioresi, Archeologo e Professore all’Università La Sapienza di Roma.
Sott’acqua, senza ossigeno, annaspava muovendo le mani a caso e cercando la salvezza all’interno della sua casa buia. Boccheggiante e con le ginocchia piegate, appoggiò la fronte al muro freddo. Provò a calmarsi, a respirare lentamente e a smettere di tremare.
In una notte così solo un lungo minuto fatto di respiri profondi, ad occhi chiusi e nel buio più totale, gli permetteva di riprendere il controllo.
Era solo in casa, solo e senza impegni ed era così da molto, troppo, tempo. Stare in questa condizione poteva essere una sensazione piacevole per le prime due o tre settimane ma adesso, dopo quasi otto mesi, l’inattività lo stava piegando nel corpo e nella mente.
Perché era chiaro che quella vita rilassata, tranquilla e provinciale, non era adatta al Professor Alessandro Fioresi.
Non era sempre stato così, non era quasi mai stato così. Alessandro, fin da bambino, era stato considerato un piccolo prodigio e mantenersi al pari con le aspettative che la parola prodigio genera non è affatto un lavoro facile.
Aveva terminato gli studi liceali con il massimo dei voti e poi, data la sua passione per la storia antica, decise di fare l’archeologo, iniziando un brillante percorso universitario che lo portò in poco tempo a diventare Professore presso l’Università La Sapienza.
Alessandro però non era tipo da lezioni e certo non aveva alcun interesse nel “forgiare giovani menti”. Il suo maggiore interesse era, lo riconosceva senza ombra di dubbio, se stesso.
Aveva il titolo di Professore ma non insegnava realmente e men che meno si faceva vedere in aula. Il suo studio, al quarto piano del triste edificio fascista in cui era ospitata la facoltà di archeologia, era quasi sempre occupato da un assistente che svolgeva i compiti che in realtà spettavano al Professor Fioresi.
Alessandro poteva permettersi questo atteggiamento per via dei risultati sul campo. I suoi scavi a Catal Hoyuk, Arslantepe e Gobekly Tepe permisero infatti di ridisegnare l'intera storia dello sviluppo neolitico nell'Asia minore e nel Medioriente (il che immagino possa non significare molto per voi che state leggendo, ma fidatevi quando vi dico che aveva in pratica ridisegnato tappe e motivazioni dello sviluppo dell’intera civilizzazione umana).
Non vorrei adesso stare qui a raccontarvi per filo e per segno noiossime storie su gente che vagò nel deserto siriano, o nella steppa turca, tra i 6 e i 12 mila anni fa. In fondo non siamo qui per questo.
Quello che però mi preme farvi capire è che dagli scavi fatti dal Professor Fioresi è partita l’ipotesi che il modello classico nascita dell’agricoltura - accumulo di cibo - specializzazione lavorativa - sviluppo di civiltà complesse e così via, in una sorta di effetto palla di neve della civilizzazione, tutto questo modello lineare e semplice, sulla base del quale si regge la Storia della civilizzazione, non era poi così lineare e chiaro. Insomma, la nascita della nostra civiltà era molto più incasinata e misteriosa del previsto.
Dopo aver rivoluzionato il racconto della nascita della civiltà, Alessandro Fioresi prese una decisione che stupì quasi tutti i suoi colleghi.
Cominciò infatti a collaborare con colleghi che avevano al centro delle loro ricerche le civiltà precolombiane, in particolare quelle Inca e Chimor.
Il cambiamento fu piuttosto insolito. Non capita di frequente che un esperto di storia mediorientale passi ad interessarsi dei popoli precolombiani, eppure c’era un lungo filo rosso che collegava Alessandro alla civiltà incaica e questo filo non era intessuto solo di ambizione, visibilità mediatica, facile accesso ai finanziamenti ed un ego un po’ troppo gonfiato.
Esisteva anche una questione personale che lo legava alle civiltà andine. Una questione che aveva sempre occupato un piccolo angolo nel retro della mente del Professore, una questione che al momento giusto aveva pensato di prendersi un po’ più di spazio sul palcoscenico della vita.