Borders/confini : di cosa parliamo quando parliamo delle manifestazioni di Hong Kong

Le proteste di Hong Kong le avrete viste in televisione. Il 1 ottobre 2019, nel 70° anno dalla nascita della Repubblica Popolare Cinese, gli scontri hanno portato un poliziotto, isolato ed attaccato da alcuni manifestanti, ad aprire il fuoco contro uno studente che, colpito al petto, è in gravi condizioni (ma non è morto. Qualcuno ricorda il G8 di Genova 2001 ? ).

Io, nel mio piccolo, sono molto interessato. Un po’ perché Hong Kong dovrebbe essere la mia prossima meta di viaggio e un po’ perché il mio cuore è portato ad essere vicino a chi si prende la briga di uscire di casa e sfidare i lacrimogeni (e le pallottole).

Inoltre “approfitto” della cosa per inaugurare una nuova serie di articoli chiamata Borders/Confini. Credo che i confini, per quanto una rottura di palle per un viaggiatore, siano spesso interessantissimi. Dicono infatti molto delle Nazioni e dei Popoli che li condividono. Partendo da oggi, ogni tanto, proverò a raccontare qualche storia di confini che merita di essere raccontata.

Spero di farlo con ironia e senza esagerare con il tono accademico. Anche perché, in fondo, non potrei davvero permettermelo.

Proteste ad Hong Kong. Dinamismo, novità e centralità…

Mi affascina il dinamismo asiatico. Se guardate la cartina qui sotto si fa fatica a trovare una sola nazione che non sia stata travolta (anche in senso positivo) da cambiamenti epocali, tutti avvenuti negli ultimi 40 anni. Il bari-centro del mondo si sta spostando da quelle parti. Tra Cina, India, Vietnam, Thailandia, Malesia, Indonesia, per non parlare delle Filippine e del Myanmar o delle due Coree, ditemi se questi non sono i paesi dove “accadono” le cose.

Il mio piccolo assaggio l’ho avuto con le proteste di Bangkok, che nel 2008 hanno fatto chiudere l’aeroporto, nel 2010 hanno causato una novantina di morti e nel 2014 hanno completamente bloccato il centro città.

A Hong Kong però la situazione è diversa, molto diversa.

Mappa Hong Kong Sud est asiatico
Una cartina giusto per inquadrare un po’ meglio la questione Hong Kong – Cina – sud est asiatico. La Cina credo la vediate bene, Hong Kong è il puntino che sta nel quarto in alto a destra, tra l’isola di Hainan e quella di Taiwan

Le proteste ad Hong Kong come presa di coscienza dei propri diritti

Ovviamente non sono un giornalista e non ho pensato di andare ad Hong Kong perché ci sono manifestazioni di piazza. Semplicemente si tratta di un luogo che volevo visitare da molto tempo. Era nella lista, si potrebbe dire (chi vede Netflix lo sa).

Mi è venuto spontaneo allora cercare di capire qualcosa di queste proteste, di queste grandiose manifestazioni di piazza che hanno (avevano?), in genere, uno svolgimento più o meno pacifico e mirano a difendere i diritti acquisiti dalla città di Hong Kong.

Proteste ad Hong Kong, 2019. Occupazione dell'aeroporto. Fonte epochtimes.com
Proteste ad Hong Kong, 2019. Occupazione dell’aeroporto. Fonte epochtimes.com

Prima delle proteste ad Hong Kong. Nanchino, i boxer, l’oppio e la Gran Bretagna. No, non è il party di fine anno cinese. Molto peggio.

Come per altri tumulti la Storia incomincia tempo addietro, si fa poi sotterranea fino a riemergere in tempi recenti con un evento di cronaca nera a fare da scintilla.

Se vi ricordate, anche i movimenti di protesta delle “primavere arabe”, partirono da un povero ambulante tunisino che si diede fuoco dopo che la sua merce era stata sequestrata (Mohamed Bouazizi era il nome dell’ambulante, mi sembra giusto ricordarlo).

Per quanto riguarda Hong Kong, potremmo invece partire dalle ottocentesche guerre dell’oppio (scoppiate perché la Cina voleva limitare la vendita dell’oppio indiano/inglese e, più in generale, la penetrazione commerciale occidentale in Oriente, mentre la Gran Bretagna e le altre potenze occidentali non condividevano questa posizione), dicevo, potremmo partire dalle guerre, dopo le quali la Cina si ritrovò umiliata e costretta a cedere parte della propria sovranità su alcuni territori costieri, Hong Kong in particolare.

Firma del trattato di Nanchino, dipinto.
Dipinto che ritrae la firma del Trattato di Nanchino. Fossi in voi mi soffermerei sul sorrisetto del cinese vestito di rosso. Forse ci vedeva lungo.

Il trattato di Nanchino consegnava alla Gran Bretagna, in perpetuo, il territorio di Hong Kong, a cui vennero poi aggiunti, con un secondo trattato nel 1898, Kowloon e i “nuovi territori” (questi per un periodo di 99 anni, cioè fino al 1997).

Questa serie di cocenti sconfitte dell’Impero di Mezzo portò poi alla rivolta dei Boxer, che ritenevano l’imperatrice (Cixi) troppo debole e succube delle potenze straniere (il nome Boxer deriva dalle scuole di Kung Fu dove iniziò la ribellione).

Nelle proteste ad Hong Kong c’è anche l’Italia…

In seguito al diffondersi della rivolta, all’uccisione di un certo numero di cristiani e all’assedio degli stranieri che si erano rifugiati nel quartiere delle ambasciate di Pechino, le potenze straniere decisero un nuovo intervento. Questa volta si accodò anche la nostra Italia (quando si dice “aiutarli a casa loro” all’epoca si faceva così) che inviò un paio di migliaia di uomini e 178 quadrupedi (Wikipedia ovviamente). Italia che, per tutti i suoi sforzi, venne ripagata con un pezzo di terra di 450.000 m2 che comprendeva alcune case, una palude e un cimitero. Il tutto rimanne orgogliosamente italiano fino all’arrivo dei giapponesi nel 1943. Sapevatelo.

Fast forward fino alla Lady di ferro e Deng Xiaoping. Anno del Signore 1984.

Solo nel 1984 Regno Unito e Cina raggiunsero un accordo relativo al ritorno di Hong Kong, Kowloon e i nuovi territori, alla Cina. Il cambio della guardia sarebbe il 1 luglio 1997.

La Cina, nel frattempo, aveva adottato un governo comunista con principi alquanto differenti da quelli vigenti nella colonia inglese di HK (che erano essenzialmente quelli della Common Law britannica).

Venne quindi garantito, ai cittadini della colonia britannica, che anche dopo il passaggio alla Cina sarebbero stati mantenuti molti diritti fondamentali (parola, assemblea, voto, religione ed altri) oltre che un sistema in cui il potere giudiziario fosse effettivamente separato da quello legislativo e, soprattutto, esecutivo. Senza contare l’esistenza di un sistema politico multiparlamentare.

Thatcher Deng Xiaoping CNN.com
La Thatcher e Deng Xiaoping, CNN.com. Vi prego di notare il té e soprattutto i poggia gomiti fatti all’uncinetto. Altri tempi.

Un paese, due sistemi e tre amici

Venne così codificato il principio di “un paese due sistemi“, che la Cina accettò pragmaticamente. Un po’ come si accetta di andare alla festa di compleanno dell’amichetto di tuo figlio. Lo devi fare perché se non lo fai sta brutto e poi succede un casino. Tu fai finta di niente e speri che passi in fretta.

Il punto è che questa storia dei due sistemi andava bene finché la Cina aveva bisogno di Hong Kong in quanto piazza commerciale/azionaria più importante che il Dragone avesse. Nel ’97 solo quest’isola aveva un PIL che era più di 1/4 di quello di tutta la Cina. I ritmi di crescita cinesi hanno però ridotto questa percentuale al punto che adesso siamo intorno al 3% (e recentemente la confinante città cinese di Shenzen ha superato HK come PIL, ecco il 3° amico).

Facciamoci due conti

Capite che, considerata la situazione, ai grandi capi cinesi non faceva molto piacere che il vecchio campione sulla via del tramonto si ritrovasse con un contratto che tutti gli altri componenti della squadra nemmeno si sognavano di chiedere. Non si capiva più perché HK dovesse essere speciale.

Proteste hong Kong - fonte Studio Incendo.
Le recenti proteste ad Hong Kong – fonte Studio Incendo.

Era necessario quindi limitare il contagio delle libertà occidentali che avrebbero potuto, nella visione del Comitato centrale (come suona anni ’80 questo termine), nuocere alla stabilità e alla crescita della potenza cinese.

Le cose si sarebbero fatte piano piano, senza schiamazzi e senza strilli. Con un po’ di furbizia HK si sarebbe trasformata in una qualsiasi città cinese ben prima della data del 2047, anno in cui il meccanismo dei due sistemi sarebbe dovuto andare in pensione (sostituito da cosa chiedete voi? nessuno l’aveva previsto).

Entra gamba tesa la cronaca. Nera.

Le proteste non sono certo iniziate nel 2019. Anche nel 2014 c’è stato il periodo della rivoluzione degli ombrelli e Occupy Central, che ha avuto tra i protagonisti Joshua Wong. E poi, su tutto questo intricato meccanismo fatto di lotte, diritti, sistemi differenti, e geopolitica di una super potenza in divenire, si aggiunge una questione di cronaca nera.

Succede infatti che una coppia di ragazzi di Hong Kong si trovi in vacanza una settimana a Taipei (anche lì complicato il rapporto con la Cina, che considera Taipei un suo territorio, ma Taipei non è molto d’accordo). Partono in due e ne torna solo uno. Lui. Lei era incinta e va capire cosa succede. Anzi, si capisce bene cosa succede, tanto che il sistema giudiziario di Taipei accusa il ragazzo di omicidio e ne chiede la consegna alle autorità di HK. Il presunto assassino non può però essere estradato perché non c’è un trattato d’estradizione tra HK e Taipei.

Carrie Lam e gli scontri di Hong Kong

Il governo prende la palla al balzo e prepara una legge sull’estradizione. Peccato che la stessa legge possa essere usata per estradare qualcuno nella Cina continentale, dove c’è la pena di morte (più di un migliaio di morti l’anno si dice) e dove il potere giudiziario è in genere più sensibile agli orientamenti governativi.

I cittadini di Hong Kong non se la bevono e non ci stanno. Se la legge venisse presentata in parlamento ci sarebbe una buona possibilità che passi dato che il parlamento è dominato da gruppi pro-Cina (altra parente. Ad Hong Kong vengono eletti dai cittadini solo 40 parlamentari su 70, gli altri 30 vengono scelti da vari gruppi/ordini professionali/economici. Il risultato è che i pro Cina sono sempre in maggioranza).

L’approvazione avrebbe significato la fine, in pratica se non proprio sulla carta, della “specialità” di Hong Kong. Elementi scomodi avrebbero potuto essere consegnati al sistema giudiziario della Cina continentale, con conseguenze molto più dure delle attuali. Joshua Wong , ad esempio, avrebbe rischiato il carcere a vita e non qualche mese di prigione.

Un'immagine delle oceaniche manifestazioni/proteste di Hong Kong. Una di queste ha portato in strada 2 milioni di persone sugli 8 che abitano in città. Fonte Studio Incendo.
Un’immagine delle oceaniche manifestazioni/proteste di Hong Kong. Una di queste ha portato in strada 2 milioni di persone sugli 8 che abitano in città. Fonte Studio Incendo.

E adesso che succede?

La legge sull’estradizione è stata ritirata, ma le proteste non sembrano cessare e sono anzi entrate nel 5° mese. È stato bloccato l’aeroporto e le solitamente pacifiche proteste hanno portato in strada 2 milioni di persone (sugli 8 milioni di abitanti totali). Ci sono stati anche scontri tra polizia e manifestanti, scontri tra manifestanti e Triadi (la mafia di Hong Kong sembra essere schierata a favore della Cina… ma non chiedetemi il perché o retroscena, io sono fermo ad Infernal Affairs, l’originale da cui Scorsese trarrà il suo The Departed) e anche un progressivo assembramento di truppe anti sommossa cinesi nella vicina Shenzen.

La sfida. Anche culturale

La “sfida” che oppone gli abitanti di Hong Kong alla Cina è impari e sembra impossibile da vincere. Per dimensioni, potere e forza, pochi potrebbero oggi sfidare il colosso cinese, specie con ombrelli o la colonna sonora dei miserabili.

Cosa potranno quindi ottenere i manifestanti? Cosa vogliono raggiungere tramite queste proteste e manifestazioni in tutta Hong Kong? e, infine, davvero sperano di poter rimanere immuni al contagio dell’autoritarismo soft (ditelo agli uiguri) di marca cinese?

Inoltre, andando un po’ più in profondità, mi sembra di poter dire che quello che sta avvenendo non è solo uno scontro per i diritti dei cittadini di Hong Kong e sui diritti dei cittadini di Hong Kong, ma anche uno scontro tra due diversi modi di concepire la vita e le relazioni che legano gli esseri umani, sia nella sfera privata che in quella lavorativa.

Se ancora non vi siete addormentati e siete qui a leggere potrei semplificare tutto dicendo di guardarvi il documentario di Netflix “American Factory”.

Il modello cinese di società e lavoro, che ha alla base uno spiccato senso della comunità e un ridotto individualismo, si trova a cozzare contro il modello occidentale della libertà inviolabile di ogni singolo individuo.

In Cina, da tempi immemori (potrei dire Confucio ma forse esagero), il bene comune è più importante dei sacrifici dell’individuo. Il rispetto per le tradizioni e l’autorità è più importante del diritto del singolo di dire quello che pensa. Il sistema deve essere stabile e le voci fuori dal coro innocue. Insomma, il sogno cinese non è quello americano.

In Asia questa visione del futuro e della società, così diversa da quella occidentale, ha trovato una sintesi/fusione con il modello capitalista proprio all’interno del sistema cinese e si presenta davvero, almeno in quell’area del mondo, come un’alternativa al modello liberale occidentale (vedi Thailandia, Birmania, Vietnam, Laos…).

E voi da che parte state?

p.s. Se siete interessati a proseguire il viaggio in Asia leggendo qualcosa su Cosa vedere a Singapore cliccate qui. Ovviamente c’è anche Bangkok con un migliaio di cose da vedere e fare.


Non solo ad Hong Kong si scende in piazza. Avrete sentito delle manifestazioni in Francia ma anche in Sud America parte della popolazione scende nelle strade per manifestare il proprio dissenso con le politiche governative dei governi di destra (mi riferisco in particolare a Colombia e Cile). In questo post trovate un aggiornamento.

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la puntata di Borders che si occupa di Armenia

2 commenti

  1. Mi sembra di capire che Hong Kong sia la tua prossima meta di viaggio, non sei preoccupato per quello che sta accadendo? a leggere le notizie non sembra un posto per turisti in questo momento.

    • Sono in contatto con alcune persone ad Hong Kong e le loro informazioni mi hanno tranquillizzato. Certo, non è la situazione ideale per un turista, almeno in certi giorni e in certi punti della città. Ma siamo proprio sicuri che sia davvero un problema?
      Inoltre i media riportano notizie solo quando succede qualcosa di grosso o terribile. Boots on the ground credo che la situazione sia sempre diversa da come viene dipinta.

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