Molti viaggiatori di lungo corso mi hanno detto che domandarsi “perché viaggiare” non ha molto senso.
Per il grande pubblico invece, le persone abituate ai 15 giorni di vacanza in agosto e (forse) a Natale, perché viaggiare? è una domanda sciocca e offensiva. Molti di loro pensano che viaggiare è bello, rilassante, e tutti lo vorrebbero fare il più possibile. Se non lo fanno è perché non possono.
Bene, vi posso dire che non sono d’accordo, nè con gli uni nè con gli altri. Oggi più che mai, nel post-post-post lockdown, è più che mai importante domandarci che cosa significhi viaggiare e se tutto quello che si è creato attorno al viaggio, dagli influencer ai travel blogger, dalle agenzie viaggio agli eco resort, dalle crociere al turismo avventuroso, dal negozio di souvenir alle guide turistiche, tutte queste cose e persone avvinte nel mortale avviluppo di un’industria che ha fatto del superfluo il suo dogma, hanno capito qualcosa che è l’essenza della vita, oppure hanno preso in clamoroso granchio.
Aspettate a caricare le pistole. Non è una critica. Il sottoscritto ha fatto e fa parte di questa industria e non tanto per il blog e suoi pochi ma signorili lettori, quanto per il lavoro che ho sempre svolto in campeggi e villaggi. Il sottoscritto ha un forte senso dell’individualismo e continua a credere che il turismo sia importante e utile. Però qualche domanda dobbiamo farcela lo stesso.
Si viaggiare, evitando le buche più dure
Di tutta questa storia del coronavirus quello che mi ha colpito di più, oltre al fatto di non poter viaggiare, è la fragilità di questa industria multimiliardaria che è il turismo, una fragilità che ha colpito e colpirà in molte parti del globo più che in Italia. Il gigante aveva i piedi d’argilla.
Eppure questo gigante dai piedi d’argilla non è superfluo. Essere un turista, o essere un viaggiatore, definizioni la cui linea di demarcazione è sottile come un filo, non è superfluo, come non è superfluo andare a teatro, al cinema o ad una festa a bordo piscina nei colli romani con 50 invitati più o meno sconosciuti.
A pensarci bene trovo che ci siano davvero pochissime cose che si possano definire davvero superflue. Ovviamente, e faccio riferimento al recente passato, questo non significa che non ci si possa rinunciare, per un periodo anche relativamente lungo, quando in gioco ci sono la salute e la vita, nostra e di altre persone.
La sveglia
Per chi non abita in una grande città, prendere un aereo alle 6.47 di mattina è una prova fastidiosissima. Se la si prende bene. Terribile se la si prende male o se la si abbina ad una giornata di stomaco sottosopra.
Potrei aggiungere costosa, almeno in alcuni casi.
Il fatto che questa sottile forma di tortura sia scelta consapevolmente da tante persone, sottoscritto compreso, non fa che rendere più difficile la risposta alla domanda del titolo. Aggiungete al quadro i puntigliosi e spiacevoli controlli all’imbarco o magari un bel ritardo che vi fa perdete tutte le coincidenze e allora sconfiniamo nel campo del masochismo vero e proprio.
Qualcuno di voi potrebbe ricordare il primo respiro fuori dall’aeroporto di Bangkok, appena varcate le porte automatiche. A qualsiasi ora del giorno e della notte quell’odore pesante di smog umidiccio tende a rimanere nelle narici per un’ora buona.
Aggiungete a tutto questo il fatto che poi, più spesso di quanto si vorrebbe, le aspettative sul luogo che si va a visitare rimangono deluse. La spazzatura appena fuori l’inquadratura della foto, la folla soffocante, le zanzare, la diarrea, i compagni di viaggio insopportabili, i piccoli furti, i grandi furti e le mezze truffe. Insomma, a qualche punto del vostro viaggio, qualunque sia la vostra meta, vi domanderete chi ve l’ha fatto fare.
In un blog di viaggi è allora necessario, prima o poi, non solo chiedersi se il viaggio sia superfluo (no), ma anche perché viaggiamo.
Bella Roma
Alcuni viaggiano per lavoro, perché lo devono fare, perché vengono spediti da qualche parte con una mansione precisa da svolgere. La maggior parte di noi però viaggia perché lo vuole e non perché deve. Il sottoscritto, ad esempio, non viaggia per rilassarsi o per ammirare innevati paesaggi montani, spiagge di sabbia bianca o un infuocato tramonto sul Mar delle Andamane. Non solo almeno.
Ci sono gli aspetti storico-culturali del viaggio. Quelli in genere mi attirano sempre ma non potrei dire che sono l’unica ragione. Forse la risposta è più complessa e più semplice allo stesso tempo.
Io viaggio perché mi piace viaggiare.
Il che, lo ammetto, dal vostro punto di vista, è una mezza inculata. Non risponde alla domanda “perché viaggiamo?” da cui siamo partiti. Il punto è che la risposta è un miscuglio di sensazioni, chimica, genetica, conoscenze e fascinazioni. Per me non si tratta di andare a fare surf, di vedere il Musee D’Orsay o le sequoie giganti. Magari anche queste cose ma non solo.
I dati più recenti sui flussi turistici ci dicono che il settore turistico genera ormai il 14% del pil mondiale, senza contare tutta quell’economia dell’indotto che è legata a flussi turistici. Una fetta da 7,3 trilioni di dollari che non passa certo inosservata (o che non dovrebbe passare inosservata). Non male per qualcosa che solo cento anni fa era una stravaganza da ricconi annoiati. Insomma, non sono il solo ad avere il prurito.
Gli scarafaggi
Eccoci qui allora, in una topaia senza finestre, in un vicolo oscuro tra i più sporchi di La Paz, con un mal di testa lancinante per via dei 3600m sul livello del mare a cui si trova la città, senza aver la più pallida idea di dove, cosa e soprattutto se mangerete. Ho vissuto questa scena più di una volta e devo dire che se non fossi una persona dalla grande forza di volontà, forse mi sarei arreso e avrei appeso lo zaino al chiodo, rinunciando a fare quello che più mi piace.
Viaggiare costa fatica. Lunghe attese e pessimo cibo, spese impreviste, burocrazia e visti. Viaggiare però ripaga tutte le fatiche che avete fatto perché è proprio quando si incontrano le difficoltà che il viaggio si mostra in tutta la sua bellezza.
I perché non richiesti
Per prima cosa vi mette alla prova, lontani dalle comodità di casa, da parenti e amici contattabili in ogni momento. Senza una lingua comune, sarete solo voi l’arbitro della vostra vita (quindi viaggiare vi rende più indipendenti).
Secondo, viaggiare risveglia in voi gli istinti primari. Forse qualcuno ha visto Bear Grylls, magari una delle puntate in cui per sopravvivere nella giungla il buon inglese si mangia un bel vermone ripieno di una viscosa sostanza giallastra simile a pus, oppure quella in cui lotta con un caimano nelle paludi della Louisiana.
Bene, per quanto la serie di Grylls sia interessante, molto molto molto difficilmente vi capiterà mai di arrivare a dover fare quello che lui fa. Più probabilmente vi capiterà di essere scippati passeggiando per le strade di una metropoli straniera, oppure che rubino il vostro tablet lasciato “per un secondo” in spiaggia mentre siete andati a fate il bagno. Magari una carta di credito smagnetizzata che v’impedisce di pagare il ristorante libanese o il pusher sfregiato da cui avete appena comprato qualche grammo di coca (scherzo, i pusher non si pagano mai con la carta…).
Se vi trovate a casa vostra eventi come questi sono solo costose seccature. Se invece siete all’estero possono diventare problemi assai complessi che vi faranno sudare per qualche giorno (senza contare l’essere arrestati, che è più interessante di quanto possiate immaginare e può portar via anche più di qualche giorno).
Inoltre, anche solo la scelta del posto dove andare a dormire o del luogo e delle cose da mangiare potrebbe sembrare semplice a prima vista, ma lo è molto di meno se vi trovate a piedi, lungo l’interamericana, alle 21 di sera (quindi viaggiare vi rende più forti e più intelligenti).
Cura senza medicine
Terzo punto. Viaggiare può essere una cura, per l’anima e per il corpo. Chi dice che i problemi casalinghi (dal/la fidanzato/a fedifrago/a, al capufficio tirannico, allo stress per troppo lavoro e potrei continuare) si portano in viaggio, mente.
Se vi scegliete un all-inclusive in un atollo delle Maldive o in un resort pieno di italiani in Kenya, forse la cura potrebbe non funzionare, ma nel caso vi mettiate di lena buona pronti ad andare on the road, allora potete stare certi che dopo i primi giorni tutto quello che sembrava impossibile da dimenticare, il macigno sisifiano della vostra esistenza, si appiattirà senza che nemmeno ve ne accorgiate, come un tappettino che dovrete solo calpestare e lasciarvi alle spalle.
Se tutto questo non vi bastasse posso dirvi che oggi esistono diverse indagini scientifiche (per chi mastica l’inglese vi metto questo link, un articolo del The Guardian) che dimostrano come il trovarsi immersi in un ambiente esotico e “diverso”, permetta di mettere a fuoco con più lucidità anche i problemi di casa propria, che così arrivano ad assumere un’importanza commisurata alla reale consistenza.
Cervello e cervelletto
Immersi in un liquido amniotico che non è quello di casa, il nostro cervello comincia a formare connessioni impreviste ed imprevedibili, connessioni che ci aprono delle porte che esistevano anche prima ma che semplicemente noi non vedevamo.
Quando si dice che non è la meta che conta ma il viaggio si dice una semplice verità fisica. Infatti lo spostamento dal luogo che siamo abituati a chiamare casa produce effetti indipendentemente dal luogo che noi vogliamo raggiungere.
La questione del viaggio e cura l’ho approfondita anche in due altri post (si, la cosa tira molto, abbiate pazienza). Se volete potete leggere il viaggio come cura e i tre migliori alloggi della mia carriera di viaggiatore.
Infine. Non esiste logica nel viaggiare. Non si parte dal proprio giardino per esplorare il circondario, la città, i comuni limitrofi e poi altri paesi. Si parte dalla propria mente e poi si va là dove si sente il richiamo. L’importante rimane sempre muoversi e confrontarsi con ciò che non si conosce. Perché questo sarà utile soprattutto a noi stessi.
Il post su perché viaggiare è finito. Ci si vede in giro allora?
Aspettate…ma in giro nelle migliori spiagge della Penisola di Nicoya, Costa Rica?
Oppure:
Perché fare un viaggio in Caucaso
o magari si può sempre parlare di viaggi e sport
In questo momento non possiamo viaggiare in Europa…tu dove consigli di andare?
Ciao Ale! Guarda, non sono un grandissimo esperto di Italia ma mi sto attrezzando. Fra qualche giorno esce un post su Bomarzo, paesino in provincia di Viterbo. Per quanto possibile io andrei sempre e comunque alla ricerca di qualcosa di insolito. Il sito e il libro Atlas Obscura possono aiutarti in questo senso.