Dictatorland di Paul Kenyon, the men who stole Africa

La terra dei dittatori. La traduzione letterale di Dictatorland di Paul Kenyon è “terra dei dittatori”. Semplificazione accattivante ma forse un po’ fuorviante. L’Africa è stata o è davvero la “terra dei dittatori”? In fondo, negli anni ’60, ’70 e anche ’80, in Asia centro e sud America abbiamo avuto un discreto numero di sadici tiranni (qualcuno al di sopra dei 35 forse si ricorderà la parodia del dittatore centroamericano fatta da Woody Allen nel “Dittatore dello stato libero di bananas“).

Sadico? ce l’ho! Pazzo? anche!

Eppure, se pensiamo ad un despota pazzo, sadico, megalomane e paranoide, l’Africa, ahimè, ci regala una lunga serie di esempi di alta scuola. Forse è quindi vero quanto sosteneva (fate un respiro) John Emerich Edward Dalber-Acton e cioè che “il potere corrompe e il potere assoluto tende a corrompere in modo assoluto”.

Paul Kenyon, Dictatorland the man who stole Africa.Paul Kenyon, the man who stole Africa.
Paul Kenyon, Dictatorland, the man who stole Africa.

Paul Kenyon, lo scrittore di Dictatorland

Il libro “Dictatorland” di Paul Kenyon, giornalista investigativo inglese che ha lavorato a lungo per la BBC, parla proprio di alcuni di questi dittatori. Per ogni paese africano preso in esame cerca di disegnare una parabola che parte dalla fase di occupazione, passa poi alla lotta per l’indipendenza, arriva al raggiungimento della tanta agognata libertà…per poi finire con uno scivolamento, più o meno rapido, nella fase dittatoriale.

Dictatorland, storie di dittatori in Africa

Una delle cose che mi ha colpito è che le storie di questi despoti tendono ad essere simili. I “patrioti” che hanno guidato le lotte per l’indipendenza partono da sani principi liberal/democratici ma una volta arrivati al potere hanno quasi invariabilmente condito il loro governo con una spruzzatina di paranoia galoppante, una sana manciata di megalomania, corruzione, tribalismo/familismo e tanta, tantissima repressione che definire violenta sarebbe un dolce eufemismo.

Prendete l’esempio di Félix Houphouët-Boigny. Il dittatore della Costa D’Avorio, affettuosamente chiamato “le vieux”, ha spostato la capitale nella sua città natale e ci ha pure costruito la chiesa più grande del mondo ( Yamoussoukro, in Costa D’Avorio). Invece Mobutu ha voluto una reggia nella giungla con pista d’atterraggio per il concorde (a Gbadolite, nella Rep. Dem. del Congo allora Zaire. Provate a cercarla e poi ditemi).

Due degli inquietanti portagonisti del libro, il vecchio presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe con la moglie Greace (Gucci Grace) e sopra un Mobutu sulla cresta dell'onda quando, nel 1974, mise l'allora Zaire al centro del mondo, ospitando l'incontro tra Mohammed Ali e George Foreman. Rumble in the jungle my friend!
Dictatorland di Paul Kenyon, due degli inquietanti protagonisti del libro sono il vecchio ex-presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe con la moglie Greace (Gucci Grace) e Mobutu. Prego notare la qualità della fotografia. Lo Zimbabwe sembra essere finito, nel 2018, dalla padella alla brace con il passaggio del potere ad uno dei vice-presidenti di Mugabe, Emmerson Mnangagwa, detto “il coccodrillo”. Nella foto più in alto invece un Mobutu (con il raffinato cappello di leopardo) sulla cresta dell’onda quando, nel 1974, mise l’allora Zaire sul palcoscenico mondiale, ospitando l’incontro tra Mohammed Ali e George Foreman. Rumble in the jungle my friend!

E questo per quanto riguarda la sola megalomania, perché se iniziassimo l’elenco delle violenze potremmo non finire più

Dictatorland è fatto di storie inquietanti e di risorse naturali

Le singole storie sono raggruppate con un criterio interessante, cioè quello delle risorse naturali che la nazione offriva e che i despoti hanno deciso di sfruttare per il loro tornaconto personale. Così abbiamo i diamanti (Mugabe in Zimbabwe e Mobutu in Congo), il petrolio (Macías e Obiang in Guinea Equatoriale, Gheddafi in Libia e Abacha in Nigeria), il cacao (Hohpouet-Boigny in Costa D’Avorio) e gli uomini (Afewerki in Eritrea).

Dall’imperatore Bokassa, allo psicologicamente instabile Macías, passando per il fu Gheddafi e il cleptomane Mobutu (capace di eleggere la corruzione a modello di governo e di sviluppo al contrario), i personaggi di questo libro sembrerebbero davvero delle caricature fatte da comici con poca fantasia se non fosse che sono realmente esistiti.

L’unica cosa che forse manca in questo testo è una costruzione teorica del perché le cose siano finite così male, così spesso, in luoghi tanto diversi. Forse però questo non è compito del giornalista ma dello storico.

Un'immagine della sobria cerimonia con cui Bokassa si è nomianto Imperatoire dell'Impero centrafricano. Costata 20 milioni di dollari (1/3 del budget statale dell'epoca), la cerimonia è uno dei classici esempi di megalomania dittatoriale. La storia di Bokassa è raccontata nel libro ma solo incidentalmente. Sarà infatti Felix Hophouet-Boigny ad ospitare il presunto imperatore cannibale una volta che i sudditi africani lo cacciarono definitivamente. Immagine tratta da spiegel.de
Un’immagine della sobria cerimonia con cui Bokassa si è nominato Imperatore dell’Impero centrafricano nel 1977. Costata 20 milioni di dollari (1/3 del budget statale dell’epoca), la cerimonia è uno dei classici esempi di megalomania dittatoriale. La storia di Bokassa è raccontata nel libro ma solo incidentalmente. Sarà infatti Felix Hophouet-Boigny ad ospitare il presunto imperatore cannibale (lunga storia) una volta che i suoi “sudditi” (e soprattutto i francesi) lo cacciarono definitivamente. Immagine tratta da spiegel.de

E oggi?

Molte delle vicende narrate nel libro partono dagli anni ’60 per arrivare, in alcuni casi, quasi ai giorni nostri. A vederla dall’esterno sembra che qualcosa sia cambiato.

Come sia finito Gheddafi lo sappiamo. Félix Houphouët-Boigny è morto, Macías e Mobutu non stanno tanto bene. Scherzo, sono stati vittime di colpi di stato già decine di anni fa. In Nigeria le elezioni si son tenute il 23 febbraio di quest anno. Isaias Afewerki e Abiy Ahmed, presidenti dell’Eritrea e dell’Etiopia, si sono riconciliati dopo anni di guerre e rapporti, nel migliore dei casi, tesi.

In mezzo ad un mare di problemi ambientali, sociali, economici e di rispetto dei diritti umani, la speranza è sempre lì, una bestiaccia strisciante che continua a fare capolino, anche quando mezza affogata dalle fuoriuscite di petrolio del delta del Niger.


Se avete voglia di continuare la lettura vi consiglio non il mio blog ma il bel libro Illuminismo perduto di Frederick Starr o magari A line in the sand, sulla rivalità tra Francia e Inghilterra in Medioriente e i danni che ha provocato.

Oppure vi propongo di viaggiare con me:

Copenaghen cosa vedere

Oslo quartiere per quartiere

Perché dovete fare un viaggio nel Caucaso

Cosa vedere a Bruges

Un commento

  1. Tutti lo sanno che Bokassa è rimasto in piedi finché faceva comodo a Mitterand. Quando ha cominciato a passare il segno l’hanno fatto fuori e sostituito con qualcuno di loro scelta.

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