Era meglio se stavo a casa. Oppure ricercare il disagio?Cronaca delle disavventure di viaggio tra libri, Yes Theory e seek discomfort.

Parliamo di disavventure in viaggio e di “do what you can’t”. Disavventure che, secondo alcuni, possono portare a pensare “Era meglio se stavo a casa”. Io non credo di essere mai arrivato a questo punto. A memoria fatico a ricordare un momento nero, ma così nero, da costringermi a guardarmi nello specchio e confessare, a malincuore, che davvero avrei fatto meglio a non partire.

Anche perché, chi viaggia abitualmente sa che poi i momenti difficili sono quelli che ritornano alla memoria più facilmente e con più piacere, una volta che si è ritornati alla base (o comunque una volta che è passato del tempo).

Questo è vero per molte situazioni che al momento ci fanno disperare e poi, una volta che sia passata un po’ di acqua sotto i ponti, una volta che abbiamo messo un po’ di distanza, temporale o chilometrica, tra noi e il luogo del fatto, ci appaiono divertenti, magari utili. Quasi che si possa sempre trarre un insegnamento da quello che ci è capitato. Avete presente il vecchio motto “quello che non ti uccide ti rende più forte”? non mi è mai piaciuto (sa troppo di self-help all’americana, o di negazionismo in salsa new age) ma ha indubbiamente un grammo di verità.

Il libro. “Era meglio se stavo a casa”, disavventure in viaggio

Tutto questo ragionamento parte da un libro uscito qualche anno fa. E da un canale youtube. Ma andiamo con ordine e partiamo dal libro

S’intitola “Era meglio se stavo a casa”, edito da fbe edizioni . Il volume è uscito qualche anno fa, nel 2010, e potrebbe essere un po’ difficile da trovare.

Era meglio se stavo a casa, edito da FBE  edizioni. Le cuffie non centrano nulla, lo giuro.
Era meglio se stavo a casa, edito da FBE edizioni. Le cuffie non centrano nulla, lo giuro, è che al momento no ho altre foto della copertina e sono un po’ pigro.

L’idea alla base, cioè raccontare le più travolgenti disavventure di viaggio di scrittori e giornalisti, la trovo molto divertente. Instagram e i social ci trasmettono, volenti o nolenti, quasi sempre una stessa immagine delle vacanze e dei viaggi. Bella, dorata, rassicurante e rilassante (o avventurosa ma il giusto).

È raro il profilo IG/FB che documenti, passo dopo passo e momento dopo momento, i due/tre giorni di cagarella acuta, l’ordalia seguita al morso di un cane randagio, il traghetto perso con notte all’adiaccio, il furto dell’Ipad, Iphone, smartphone, portafoglio, carta di credito o lo smarrimento del portafoglio Iphone, smartphone, ecc…

D’altronde credo sia comprensibile. Eventi negativi potrebbero anche non mettervi nella condizione mentale di stare lì a fare foto e anche se fatte queste non sarebbero così interessanti come un panorama che spazia da Oceano a Oceano (si, avete letto bene, può capitare a Panama su alcunemontagne in buone condizioni meteo).

Era meglio se stavo a casa? Non proprio una ciambella riuscita con il buco

Purtroppo il libro non mantiene fino in fondo le apsettative. Gli episodi raccontati sono interessanti, divertenti, ma non si arriva mai ad avere l’impressione che ci sia qualcosa di veramente “illuminante” (a parte il fatto di portarvi sempre dietro i preservativi :).

Prezzo e una piccola ricapitolazione delle disavventure di viaggio di alcuni dei nostri amati scrittori/giornalisti.
Prezzo e una piccola ricapitolazione delle disavventure di viaggio di alcuni dei nostri amati scrittori/giornalisti.

Forse perché per un vero viaggiatore anche le storie più terribili, come essere rapiti da milizie combattenti in Sudan o sfuggire ad avance sessuali in Egitto, diventano alla fine niente più che piccoli/grandi aneddoti da sciorinare all’aperitivo analcolico con amici. Nulla per cui stracciarsi le vesti insomma. Nulla che debba essere raccontato con eccessiva drammaticità.

E le disavventure di viaggio del sottoscritto?

Personalmente la cosa più irritante che mi sia capitata in viaggio è stato il malfunzionamento della carta di credito. Ero negli States, in partenza per il Costa Rica, e la carta ha semplicemente smesso di funzionare. Nessuno mi ha derubato, non ho smarrito il portafoglio, più semplicemente qualcosa nel chip color oro della carta si è rotto (la vecchia cara smagnetizzazione della carta è andata in pensione con l’addio della banda magnetica e l’arrivo dei chip).

E io mi sono ritrovato a Playa Samara, in un internet point scalcinato e costoso allo stesso tempo (si c’erano ancora), circondato da americani over 65 che chiamavano a casa i nipotini, a fare telefonate intercontinentali nella speranza che alla Visa trovassero il modo, e soprattutto il momento, per spedirmi una carta sostitutiva.

Playa samara - seek discomfort? non proprio
Questa è una foto di Playa Samara nel 2013. Vedete la torre bianca e rossa sulla destra? Lì si trovava la cittadina di Samara e il mio caro internet point. Oltre che ad una discreta panaderia. Non proprio il luogo dove si possa seek discomfort – cercare il disagio – non credete?

La cosa avvenne ma dovetti fermarmi 6 giorni a San Jose, l’avventurosa capitale del Costa Rica, in attesa dell’arrivo. L’intera procedura mi procurò molte perdite di tempo, certo, una discreta spesa in telefonate ma per altro nessun dramma particolare.

Per fortuna avevo infatti un po’ di contanti e il mio misero bancomat, con un limite mensile da senzatetto australiano, ma sufficiente a farmi superare i 10 giorni senza carta di credito in discrete condizioni.

Cosa sarebbe successo a casa?

Certo è che il ritrovarsi all’estero in condizioni poco confortevoli è, qualora si sopravviva analmente vergini, una cosa generalmente positiva, ve lo concedo. Ne abbiamo parlato poco sopra del motto “ciò che non ti uccide ti rende più forte” e nelle sue versioni più soft credo che possa contenere un fondo, un minimo, di verità. Dover fare i conti con il furto del proprio telefono o con il ritrovarsi senza soldi in un paese straniero è una di quelle condizioni che possono portare anche sviluppi positivi.

E non lo dico, lo ripeto, con il pensiero il self help americano ma con in mente il motto di questo gruppo di ragazzi che ha un canale su Youtube, Yes Theory.

Uno dei tanti, divertenti e avolte illuminanti, video del canale Yes Theory.

Seek Discomfort e Yes Theory

Il loro motto è infatti Seek Discomfort (cercare disagio) e si mettono volontariamente in situazioni difficili per vedere come reagiscono le persone intorno a loro e, soprattutto, come reagiscono loro stessi.

Yes Theory

Seek Discomfort è diventata anche, negli ultimi tempi, una linea di abbigliamento e accessori perché poi, alla fine della fiera, tutti “tengono famiglia”. Ci sta. I video e il canale hanno però mantenuto un punto di vista sempre molto positivo, sia in riferimento ai viaggi, che alle situazioni di disagio sperimentate all’estero o in patria (Due note. La prima riguarda l’ultima frase che ho scritto. Mantenere un punto di vista positivo in viaggio, passi, ma positivi nelle situazioni di disagio? sembra un contraddizione in termini eppure è così. Seconda nota, il gruppo è eterogeneo: un americano, un egiziano e un canadese/francese, ma fanno tutti base a Venice beach, LA).

Do what you can’t

Il messaggio che lanciano è molto radicato nella cultura americana. Insegui i tuoi sogni, non ti far abbattere da niente e nessuno e se qualcuno dice che non si può fare … bhè, si sbaglia (uno dei motti di un altro famossissimo Youtuber americano, Casey Neistat, è “Do what you can’t”).

Seek discomfort o stare a casa? Disavvenute  di viaggio o abitudinarietà? La scelta non sembra difficile.  Ci crediamo in do what you can't?
Seek discomfort o stare a casa? Disavvenute di viaggio o abitudinarietà? La scelta non sembra difficile. Ci crediamo in do what you can’t?

Noi italiani, forse noi europei, siamo sotto questo punto di vista un po’ più cinici e più smnaliziati (e non lo dico in senso positivo). Abbiamo abbandonato da tempo l’idea che la vita sia fatta per rincorrere i propri sogni e ci siamo adagiati, accontentati, di un lavoro fisso o di un contratto a tempo indeterminato. Il mio stesso blog, thelazygeographer, il geografo pigro, non ha mai dichiarato ambizioni battagliere nell’ambito dei sogni difficili da relizzare e la mia idea base è sempre stata molto meno combattiva, energica e sognatrice e più pragmatica.

Mi piace però confrontarmi con chi la pensa diversamente e il canale di Yes Theory mi ha posto di fronte ad alcune domande piuttosto interessanti. Davvero non ci sono dei limiti e tutto quello che immaginiamo/vogliamo può diventare realtà con duro lavoro e sacrificio? È giusto lanciarsi in una competizione (sfrenata?) per arrivare da qualche parte/realizzare qualche sogno, senza fermarsi davanti niente e nessuno, senza fermarsi davanti alla logica che ti dice che quello che stai facendo sembrerebbe assurdo?

Era meglio se stavo a casa? davvero?Proviamo a concludere

Insomma, eravamo partiti da un discreto libro che disavventure di viaggio, e siamo quasi arrivati alla conclusione che quegli episodi sfortunati siano un po’ la ragione stessa che sta balla base del viaggiare. Forse sono queste dis-avventure che danno qualcosa in più, a noi stessi e alla nostra vita, portandoci su strade che non avremmo mai immaginato e verso traguardi che prima potevano sembrare impensabili.

Costa rica, playa Samara. Ancora. Un posto ideale per vivere disavventure di viaggio. e per do what you can't :)
Costa rica, playa Samara. Ancora. Un posto ideale per vivere disavventure di viaggio. e per do what you can’t 🙂

Sarà davvero così? Fatemi ovviamente sapere la vostra…oppure scoprtite cosa vedere a New Orleans!


Qualche suggerimento per proseguire nella lettura…

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Siete fan della Terra piatta o della Teoria Geocentrica?

Che ne dite di andare in Africa? o preferite le Terre scomparse?

2 commenti

  1. Il canale di yes thory è bellissimo. Sono sempre positivi, energici e incoraggiano a fare anche quello che tu non pensi di poter fare. Per me sono bravissimi! E anche più profondi, molto più profondi, della maggior parte degli youtuber. Che fanno titoli clickbait o recensioni di aggeggi vari.

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