“Storia del mondo in 12 mappe” sembra un titolo ambizioso. Probabilmente lo è, ma la cosa bella è che ha ragione di esserlo. Il libro parte dalle mappe di Tolomeo, passa per la mappa di Hereford e arriva a Peters. Ci buttiamo?
Storia del mondo in 12 mappe e… territori
Strano a dirsi ma una delle cose che ho letto e che mi è rimasta più impressa, in un peraltro noioso libro sulla PNL, è che la mappa non è il territorio. Affermazione credo sacrosanta e vera oggi più che mai. In tempi complessi le mappe possono far sorridere, specie se in versione cartacea (e credo di essere l’unico ad avere ancora uno stradario su carta sotto il sedile della mia auto. Forse è fascinazione per il feticcio cartaceo ma l’età d’altronde è quella che è). Eppure, come l’abito per quanto riguarda il monaco, non c’è nulla come una mappa per capire qualcosa del territorio, almeno quando è fatta bene
Mappe e preconcetti
Quello che invece ignoravo è che la mappa, in apparenza un pezzo piuttosto oggettivo e obiettivo di carta (o un insieme di 0 e 1 se preferite le versioni digitali), può essere spesso anche parziale e rivelarci molto sulla mente, sull’ideologia, sui pregiudizi e sull’ambiente culturale in cui è vissuta la persona che ha creato la mappa.
Paradossalmente si arriva al punto in cui si può usare la mappa più per orientarsi nella mente, e nei tempi, di colui che la realizzò che non sul territorio. Questo essenziale concetto è la psina dorsale su cui si regge il libro di Jerry Brotton “La storia del mondo in 12 mappe”.
La prima edizione è del 2012 e qui da noi si dovrebbe trovare facilmente in versione economica. Brotton è un professore di studi rinascimentali al Queen Mary College di Londra e, come d’altronde molti autori anglosassoni, ha la capacità di raccontare temi complessi in modo semplice ed efficace.
La mappa di Hereford
Una delle mappe al centro del libro è quella di Hereford. Questa mappa (foto sopra) rappresenta molto bene una visione fideistica e salvifica del mondo (vedere l’articolo di Baricco, proprio sul mappamondo di Hereford, nel primo numero di Robinson del 27/11) al cui opposto trovoiamo ivece le circa 380 mappe del “The atlas of the real world – mapping the way we live”, che ci restituiscono un’immagine moderna del nostro mondo: multiculturale, complesso e che, almeno fino a qualche mese fa, cercava di essere il più politicamente corretto possibile.
La mappa di Hereford ci appare oggi assolutamente estranea, quasi incomprensibile se non spiegata dettagliatamente. Gerusalemme al centro del Mondo, l’est in alto e, tra le altre cose, 15 eventi biblici, 5 scene tratte dalla mitologia classica, uomini mostruosi (con la testa nel corpo, con un solo piede e centauri) e mostri veri e propri.
Atlas of the real world
“The atlas of the real world” è un bel librone con mappe che rappresentano il mondo non tanto attraverso proiezioni che cercano di rispettare le reali distanze fisiche, ma attraverso cartogrammi generati al computer che disegnano l’area degli stati in base all’importanza demografica (e non solo).
Messo giù così a parole sembra un po’ un casino ma la realtà è molto più semplice e un paio di immagini dovrebbero chiarirvi le idee.
Tra l’altro ancora oggi il grande dibattito su quale sia la mappa più corretta è lungi dall’essere finito. Se qualcuno odia la vecchia proiezione di Mercatore perché eurocentrica, dovrebbe proprio leggere “Storia del mondo in 12 mappe” per capire come anche la più recente mappa del mondo realizzata da Arno Peteres, ha più di qualche problema.
Rimane valida, per la proiezione di Peters, la volontà di dare voce a quelle nazioni che per lungo tempo hanno sofferto come il giogo coloniale o sono stato sfruttate dalle potenze occidentali. Certo, riprodurre una sfera su un piano comporta sempre un problema e nessuno, nemmeno Peteres, se ne può tirar fuori.
Storia e geografia
Il quadro che emerge dal libro è complesso e capace di legare cose diversissime, dalle bestie feroci al margine del mappamondo di Hereford alla pretesa perfezione di Google maps. Tutte e due le rappresentazioni, separate da circa 700 anni di progressi tecnologici, devono però fare i conti con parzialità e punti di vista, per così dire, “personali”.
Se la mano di chi ha disegnato la Mappa Mundi di Hereford era guidata dalla fede e teneva la Bibbia sottomano, la mano di coloro che hanno creato Google Maps e Google Earth è probabilmente guidata da un altro ideale, il profitto. Lascio a voi le considerazioni su come questo possa incidere su una mappa e se, alla fine dei conti, sia meglio o peggio della fede.
Il post sulla storia del mondo in 12 mappe è finito qui, se avete ancora voglia di leggere ho un paio di consigli:
per il libro di Jerry Brotton Jerry Brotton potete andare e il portolano di Zuane Pizzigano seguite il link.
Interessati alla del passagio a nord ovest? allora vi consigli odi leggere I ragazzi di Barrow.
La ragioni per cui dovete fare un viaggio in Georgia.