Alexander Von Humboldt e l’invenzione della natura. Vi dice qualcosa questo nome? Qualcuno potrebbe ricordare la corrente del Pacifico col medesimo nome, altri l’influenza che esercitò su Charles Darwin e sulla sua decisione di salpare con il Beagle e cambiare per sempre la nostra comprensione dei meccanismi evolutivi e della vita più in generale.
Scusa, ma tu chi c***o sei?
Alexander Von Humbolt era però molto di più di una corrente di acqua fredda o della nota a piè pagina dell’ “Evoluzione delle specie”. Il libro che sto leggendo, “L’invenzione della natura” di Andrea Wulf, cerca di mostrarci la persona e lo scienziato Von Humboldt in tutte le sue mille sfaccettature.
Racconta la vita di Alexander, dalla sua nascita e crescita intellettuale nella Prussia di fine ‘700, al viaggio che cambiò la sua vita, in Sud America, per poi proseguire con il suo ritorno in un’Europa sconquassata dalle guerre napoleoniche e l’ultima spedizione nella Russia zarista.
In mezzo non la solita monotona vita davanti ad una scrivania ma un vulcano di passioni e di idee, spinto dalla sete di ricerca che non si fermava alla lettura dei libri ma lo spingeva su vulcani, sottoterra, lungo i fiumi e, ogni tanto, in qualche aristocratica cena (che in genere detestava).
Von Humboldt è stato una delle menti più vivaci del suo secolo, un genio acclamato e riconosciuto in tutto il mondo. Almeno fino a qualche decennio fa. Per qualche motivo infatti le sue idee e le sue scoperte, le sue esplorazioni e la “joie de vivre”, sono state quasi del tutto dimenticate nel XX e XXI secolo.
L’invenzione della natura, il libro di Andrea Wulf
La prosa della Wulf, storica e scrittrice inglese nata in India, è lineare, semplice, mai complicata o troppo sopra le righe ma allo stesso tempo un po’ asciutta e priva di quell’ironia che in alcuni casi rende la lettura più scorrevole e piacevole.
La cosa interessante però è il dettaglio profuso nel raccontare, quasi momento per momento, le avventure dello studioso prussiano. Alle prese con anguille elettriche, zanzare, indigeni, rivoluzioni, fiumi impetuosi e scalate al limite dell’umana sopportazione (soprattutto considerando vestiti e attrezzi dell’epoca l’ascesa del Chimborazo o del Cotopaxi devono essere state davvero prove al limite tra la vita e la morte). Von Humboldt riesce sempre a cavarsela e a ritornare alla civiltà con una migliore comprensione del mondo che ci circonda.
I libri di von Humboldt
In mezzo a tutte queste vicende c’è poi la parte dedicata ai libri pubblicati dallo studioso e al suo apporto alla scienza o, per meglio dire, alle scienze. Von Humboldt era infatti uno studioso difficile da rinchiudere in un recinto, vedeva la natura nel suo tutto (uomo compreso), come parte di sistema complesso dalle mille interazioni.
Fu capace di anticipare concetti oggi presenti in meteorologia, geologia, botanica, antropologia e ad esprimere, coraggiosamente vivendo in un’epoca di trionfo delle forze reazionarie, idee ecologiste, antischiaviste e fortemente liberali. Un uomo più avanti del suo tempo, così avanti che ancora oggi è molto meno famoso di quanto dovrebbe essere.
La cosa curiosa è che in qualche modo io, inconsapevolmente, ho fatto il percorso di Humboldt nel Vicereame di Nueva Granada. A parte il viaggio in Venezuela (lungo l’Orinoco) lo scienziato prussiano è stato infatti a Cartagena, poi via terra/fiume a Bogotá e Quito, in un percorso che io ho fatto per piacere in meno di un mese, e che lui ha invece portato avanti per un paio d’anni a costo di fatiche immense. Chissà che cosa avrebbe pensato della Colombia e della Quito di oggi…
E anche questo libro è andato. Ora, se avete tempo e voglia di legger ancora vi consiglio “I ragazzi di Barrow” e il notevole “L’illuminismo perduto”
Oppure avete l’ardore di pensare di poter diventare scrittori di viaggi? o come magari volete diventare nomadi digitali?