In questo post vi parlerò, come forse avete potuto intuire già dal titolo, del libro Il vichingo nero di Bergsvein Birgisson.
Brevemente possiamo dire che “Il vichingo nero” racconta la storia di Geirmund Pelle Scura (un vichingo brutto e nero, e non scherzo), ma anche della vita nella società vichinga intorno al IX secolo.
Il punto è che nessuno di noi ha mai senti ti nominare Geirmund Pelle Scura. Mettetevi comodi perché il viaggio sarà interessante.
Di cosa parla il vichingo nero di Bergsvein Brigisson
Prima cosa da dire, questo libro si sviluppa in maniera ibrida. Si avvicina alla categoria del saggio ma non è un vero saggio. In alcuni punti è un romanzo storico pur non essendo in realtà un romanzo storico. Infine, come già sperimentato da tantissimi altri autori (mi viene in mente Carrere in “Limonov” ma anche nel “Regno” e poi Jaenada con “Lo strano caso di Henry Girard“) ci sono diversi intermezzi di vita personale dell’autore.
Seconda cosa da dire. Avrete visto Vikings e forse pensate di avere un’idea della vita di un vichingo ai tempi del IX secolo. O forse no. In ogni caso questo libro vi darà una bella mano nel capire come si svolgeva la vita vichinga, sia che si trattasse di un nobile che di uno schiavo (e mi dispiace rovinarvi la fest ma no, le vichinghe non erano tutte sexy guerriere/modelle con mascara e scollatura generosa).
Chi era il vichingo nero?
Mi sembra ovvio che il protagonista del libro sia il vichingo nero. Chi è costui? difficile dirlo con certezza ma sembra essere il figlio di un piccolo re norvegese che prese in moglie una donna Bjarmi, un popolo di cacciatori che doveva occupare una parte della Siberia russa non troppo lontana dall’attuale Finlandia e affacciata sul Mar Bianco.
Il figlio nato (in realtà saranno due fratelli) da questo legame viene definito come brutto e nero, probabilmente una definizione non politicamente corretta di una persona con occhi orientali e pelle un po’ più scura, simile a quelli che possono essere oggi i popoli che abitano il nord della Siberia.
La vita del vichingo nero
Il libro procede a raccontare la nascita, l’adolescenza e la vita adulta del vichingo nero. E quello che salta fuori è un mondo estremamente dinamico, almeno per un vichingo. Questi popoli hanno infatti legami commerciali con i Bjarmi siberiani, ma anche con i vichinghi di Kiev, con l’Irlanda, con la Danimarca e la Scozia e poi arriveranno a colonizzare l’Islanda (si, lo so, anche l’America, ma non c’entra con questo libro).
Il tuttuo, spiace dirlo ma sembra una conferma della natura umana, alla ricerca di terre da sfruttare e risorse naturali da estrarre dal suolo.
In particolare saranno i trichechi i protagonisti, o per meglio dire le vittime, di questa spasmodica ricerca. Il grasso di tricheco serviva a fabbricare olio, usato poi sulle carene delle navi e sulle corde.
La pelle di tricheco era usato per farne gomene e lunghe resistenti corde usate dalla flotta vichinga. In qualche modo il tricheco (e altri cetacei, ma cacciare balene era tutt’altro che facile nel 882 d.C.) era il petrolio del IX secolo.
In genere veniva cacciato fino all’estinzione in un territorio e bisognava andare in qualche altro posto più o meno vergine per trovarlo e cacciarlo fino a che non sparisse. Insomma, una storia che conosciamo e che si ripete da secoli.
Il mito fondativo dell’Islanda
Propio qui infatti entra in gioco l’siola vergine, capace di fornire risorse per un intrepido gruppo di colonizzatori. Non sono un esperto di storia islandese, ma finora il mito della fondazione di questa incredibile nazione prevedeva una manciata di coraggiosi e indomiti norvegesi biondi che, stanchi delle vessazioni subite in patria da parte di Re un po’ troppo boriosi, decisero d’inseguire la libertà sui mari e arrivare in questa terra inospitale ma senza padroni.
La fuga dal re Harald Bellachioma porta quindi alcuni contadini/guerrieri a lasciare la Norvegia e approdare in Islanda dove, almeno per un certo periodo di tempo creano una specie di società di egualitaria senza padroni.
Qualche aggiunta al mito fondativo
Questo libro aggiunge una parte importante a questo mito fondativo dato che tra i primi fondatori ci sarebbe appunto anche il Vichingo nero con il suo seguito. E il suo seguito erano circa 80 liberti che gli facevano da guardia del corpo, un certo numero di donne libere, e un gran numero di schiavi, uomini e donne, portate sull’isola per lavorare quelle risorse che venivano poi esportate in Irlanda o Norvegia o Inghilterra.
Una discreta parte dei primi abitanti sarebbero quindi stati schiavi, che vivevano in condizioni orribili e costretti a lavorare…bhe, come schiavi, per produrre quello che i padroni dell’epoca avevano bisogno per arricchirsi.
Non che in Islanda ci fossero solo schiavi, ma erano certo una parte importante della società. E non che gli indomiti norvegesi contadini/guerrieri in fuga dalla tirannia non esistessero, ma un ruolo importante lo giocò anche lo sfruttamento delle risorse.
Fino ad arrivare, ovviamente, alla scomparsa dei trichechi che provarono a rifugiarsi in Groenlandia.
Concludiamo la storia
Possiamo concludere dicendo che “Il vichingo nero” di Bergsvein Birgisson è un saggio ibrido. Ho già parlato di altri due libri editi da Iperborea, uno della serie The passenger sulla Norvegia e un altro, sempre della serie The passenger sull’Islanda.
Questo libro direi che prosegue nel solco dei primi due, condividendo con questi almeno due tratti:
- il primo, ovvio, è l’ambientazione nordica
- il secondo è la sperimentazione stilistica
Il risultato, a mio modo di vedere, è ottimo. Chi è interessato alla storia e ai vichinghi troverà qui tantissimo materiale, in alcuni casi anche troppo con tanti nomi di persone e luoghi da ricordare.
Ci sono però anche tante storie di persone comuni, di commerci, di battaglie, di regicidi e intrighi vari. E quello che ne risulta alla fine è un mondo dinamico, pericoloso e violento ma, come diremmo adesso, già globalizzato, o almeno regionalizzato.
Ci siamo, il post è finito, se avete ancora voglia di leggere vi offro qualche altro post:
Oslo, cosa vedere e come risparmiare
The passenger, il volume sull’Islanda.
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