In questo post vi voglio parlare del libro di Timothy Brook “Il leopardo di Kublai Khan”.
Non è il primo libro di Timothy di cui scrivo. Qualche anno addietro vi ho raccontato della Mappa della Cina del Signor Selden, un saggio che parlava dell’Inghilterra del ‘600, della Cina, della nascita degli imperi europei e di quella che oggi chiamiamo globalizzazione (avrete imparato a conoscere questo termine credo).
Il libro sulla mappa Selden era molto ben scritto, snello, asciutto e chiaro e mi aveva convinto. Per questo motivo quando in libreria ho trovato “Il leopardo di Kublai Khan” di Timothy Brook, ho deciso di darci un’occhiata, nonostante il non proprio invitante prezzo di 35 euro.
Il libro è un corposo e denso volume di circa 400 pagine, edito da Einaudi, segno che non si scherza. Al centro del libro c’è la storia della Cina, un argomento a cui mi sono avvicinato con interesse negli ultimi mesi e che credo abbia oggi un valore che va oltre la sola parte storica.
Il leopardo di Kublai Khan, di cosa stiamo parlando?
Abbiamo già detto che “Il leopardo di Kublai Khan” si occupa della storia della Cina. Devo però essere più preciso. Non si parla in questo caso proprio di tutta la storia della Cina.
Come saprete il leggendario primo imperatore che unificò sotto il suo controllo tutta la Cina è considerato Qin Shi Huangdi (quello dell’esercito di terracotta e del grandioso mausoleo a Xi’an), che visse tra il 260 a.C. e il 210 a.C. Il nome Cina deriverebbe infatti proprio da Qin (pronuncia Cin).
Timothy Brook ha però idee leggermente diverse in merito e crede che le radici della Cina moderna siano da rintracciare più nel Grande Stato Yuan fondato da Kublai Khan nel 1271 che non nell’illustre Stato Qin più vecchio di 1400 anni.
Parentesi lunga ma interessante
Kublai Khan forse ve lo ricordate dagli studi scolastici.
Era l’imperatore cinese ai tempi dell’arrivo di Marco polo in Cina, seconda metà del 1200 diciamo. L’affascinante storia del viaggiatore veneziano ha preso vita anche su Netflix, con Benedict Wong nei panni di Kublai Khan, il nostrano Lorenzo Richelmy nei panni di Marco e il Pierfrancesco nazionale nel ruolo del padre di Marco Polo. Le premesse c’erano tutte, il risultato finale è un po’ al di sotto delle aspettative, se proprio ci tenete al mio commento.
“Il leopardo di Kublai Khan”, scrittura e sorprese
È Brook stesso a dire che la sua idea d’indentificare la nascita della Cina moderna con la creazione di uno stato, quello Yuan, fatta da uno straniero (Kublai Khan era mongolo e non cinese Han), potrebbe scuotere gli animi (immagino soprattutto cinesi) e non essere accettata, ma nondimeno lui ci crede e va per la sua strada.
Il saggio però ha poi un’altra particolarità.
La Storia della Cina non è raccontata in maniera canonica attraverso una successione di imperatori e fatti più o meno importanti. Brook sceglie degli episodi, apparentemente marginali o comunque non di capitale importanza, per disegnare poi un contesto, per dipingere un quadro dello stato delle cose esistente in Cina nel periodo in cui questi episodi sono accaduti.
Allo stesso tempo viene poi descritto lo stato dei rapporti fra la Cina, l’Europa, il sud est asiatico e la Corea, in modo da avere un’idea chiara dei legami fra “tutto sotto il cielo” (cioè l’impero cinese) e il resto del mondo.
Compaiono così sul palcoscenico, diventando protagonisti, personaggi che nel normale racconto storico sono considerati tutt’al più secondari, e scendono al ruolo di comprimari eventi e persone che in genere godono di molto più spazio. Non so se questa scelta, diciamo poco ortodossa dal punto di vista storico, possa essere apprezzata da tutti, ma a me ha convinto.
Chi è Timothy Brook?
Timothy Brook è un insigne sinologo e scrittore, uno dei primi europei ad entrare, come studente, in quel luogo misterioso che era la Cina comunista nella prima metà degli anni ’70. Oggi è Professore alla University of British Columbia, in Canada.
I suoi interessi e i suoi studi riguardano principalmente la storia della Cina durante il periodo imperiale Ming e durante l’occupazione giapponese.
Il Leopardo di Kublai Khan – conclusioni
Il libro mi è piaciuto molto e non posso che consigliarlo, lo dico senza remore. L’affresco che viene disegnato della Cina, pur partendo da singoli episodi e tralasciando alcuni avvenimenti (ad esempio delle guerre dell’oppio se ne parla molto poco), è maestoso e capace di farne comprendere l’evoluzione storica del rapporto con le altre potenze asiatiche e gli Stati occidentali.
Allo stesso tempo è possibile rintracciare l’evoluzione culturale e statale cinese, i dibattiti che ne sono stati alla base e l’intenso fermento che questi hanno generato. Come a dire che la monoliticità dello stato cinese è più apparenza che altro.
Capite che questo, oggi, alla luce dell’importanza della Cina a livello mondiale, è un fatto estremamente interessante e capace d’influire su pregiudizi e idee radicate che ci siamo fatti del colosso cinese.
Per un appassionato di storia “Il leopardo di Kublai Khan” è un grande libro.
Direi che il post è bello che andato. Se avete voglia di leggere vi lascio un po’ di link che hanno a che fare con i libri:
I muri che dividono il mondo e le 10 mappe che spiegano il mondo di Tim Marshall
Una guida per diventare nomadi digitali edita da EDT.
Il vichingo nero di Bergsvein Birgisson, edito da Iperborea
La grande livellatrice, libro che parla anche di economia e pandemia, di Wlater Scheidel
Infine le vie della seta di Peter Frankopan