Oggi vi parlo di un libro dal titolo “Everyone who is gone is here” di Jonathan Blitzer. Prima di cominciare, con onestà, devo ammettere che il titolo inglese del libro è eccezionalmente poetico, mentre il titolo del mio post non è proprio accattivante per il pubblico italiano. Ci sono almeno due cose che non vanno bene:
- parte del titolo è in inglese e questo, qui in Italia, non aiuta
- Stati Uniti, Centro America e politiche migratorie è un argomento che potrebbe far addormentare anche un serio cocainomane
Eppure, e forse non è un caso, quello che questo libro racconta, è decisamente importante, oserei dire fondamentale, specie in un momento in cui le politiche migratorie decidono le elezioni quasi in tutto il mondo. La destra, più o meno estrema, è riuscita a capitalizzare il clima di incertezza e paura che il tema immigrazione suscita e la sinistra, nel migliore dei casi, è rimasta silenziosa, incapace di prendere una posizione che scontenti qualcuno (e quindi frustrando tutti).

Questo libro quindi parte dagli anni ’70 e racconta l’intricato percorso delle politiche migratorie in America e l’effetto che queste hanno avuto sulle persone che in America ci volevano entrare e sui paesi da cui provenivano.
Tosto lo so, ma tenete duro, ne vale la pena.
Il New Yorker, il New York Times e Jonathan Blitzer
L’autore di questo densissimo libro, 450 pagine scritte piccole piccole in versione economica, è Jonathan Blitzer, giornalista e scrittore che è nello staff del blasonatissimo New Yorker.
Everyone who is gone is here è stato nella lista dei migliori libri del 2024 del New York Times ed è anche una lettura consigliata dall’ex Presidente Obama che, guarda caso, è anche uno dei protagonisti del libro (e non ne esce benissimo diciamo).

Everyone who is gone is here, i contenuti del libro
Ma di cosa parla esattamente questo corposo tomo? Come detto il tema centrale è l’immigrazione, vista dal punto di vista degli Statunitensi e delle loro politiche migratorie, ma anche da quello dei migranti, di coloro che sfuggono (o sono sfuggiti) da miseria, terrore, gang e governi autoritari. Il punto forte del libro è proprio questo, avere due punti di vista differenti che si alternano e cercano di raccontare la visione politica da un lato e i drammi personali dall’altro.

Come spesso capita ad autori anglosassoni però, nonostante la drammaticità dei sommovimenti socio politici e degli eventi personali nei regimi dittatoriali da cui queste persone sono fuggite (in particolare la dittatura in El Savador negli anni ’70 e ’80 e anche in Guatemala, sempre anni ’80) il testo non diventa mai melodrammatico, non scade nel pietismo.
Blitzer infatti affonda il coltello nella ferita aperta con un racconto efficace, terribile ma sempre razionale e asciutto, anche quando si tratta di raccontare gli eventi e le vite delle persone che cercano di ricostruirsi una nuova esistenza negli Stati Uniti. Lo stesso taglio asciutto poi viene utilizzato da Blitzer per raccontare i cambiamenti politici e legislativi che hanno investito il tema immigrazione negli Stati Uniti. Nonostante il dolore e l’ingiustizia palese di alcune scelte non c’è qui giudizio o presa di posizione ma un elenco duro, durissimo a volte, di cose fatte, persone, ideologie e scelte politiche.

Proprio nei capitoli più politici, specie nella parte finale del libro quando a Blitzer tocca l’ingrato compito di raccontare le scelte della prima amministrazione Trump, ho cominciato ad avere qualche difficoltà nella lettura. Ammetto che in parte il problema può essere dovuto al livello di dettaglio in cui lo scrittore scende (nomi, date, incontri) e che ha reso forse un po’ pesante questi capitoli, ma la difficoltà principale viene da una specie di frustrazione e profonda rabbia che ho provato nel leggere nero su bianco il dolore e le difficoltà che certe scelte politiche e legislative hanno comportato.
Queste prese di posizione ideologiche hanno provocato drammi familiari, separazioni, dolore, in alcuni casi anche morte e hanno distrutto la vita di persone semplici senza altra colpa se non quella di volere per se stessi, e per i propri figli, un futuro migliore. Il sogno americano di diceva una volta.

Accanto a questo ci sono poi, come dimenticarli, gli effetti che le politiche di rimpatrio statunitesni hanno avuto sui paesi che hanno riaccolto i propri cittadini. Infatti anche la cultura americana è stata rimpatriata in questi paesi, in particolare la cultura delle gang. Questa era già presente in Honduras, Guatemala e El Salvador, ma ha ricevuto nuova linfa con questi rimpatri di persone che si sono ritrovate improvvisamente in un paese che conoscevano poco, senza mezzi economici e profondi legami familiari. Proprio con questi rimpatri infatti il dramma del controllo del territorio da parte delle gang (MS13, 18th Street, The Rebels 13) si è acuito (e a cui sembra solo Nayb Bukele abbia saputo trovare una risposta).
Everyone who is gone is here, conclusione
Il libro è semplicemente affascinante. Ben scritto, eccezionalmente documentato, preciso, asciutto, razionale, ma anche molto umano. La semplicità con cui i drammi umani vengono raccontati non toglie nulla infatti alla loro complessità e forza. Colpiscono duro insomma. L’unico aspetto da segnalare, come indicato sopra, è la difficoltà che ho incontrato nella parte finale, non tanto per la scrittura ma per la rabbia che certe situazioni mi hanno provocato.
In generale, specie quando la traduzione italiana sarà nelle librerie, sarebbe bello che i politici di turno, di destra o di sinistra, leggessero questo libro, anche solo per cercare di scalfire la complessità del tema delle migrazioni e di quanto le soluzioni semplici siano, ahimè, quasi sempre le peggiori.
La mia recensione di “Everyone who is gone is here” è finita. Se volete leggere qualche altro articolo vi lascio un paio di link:
Target Tehran, un libro sulla storia delle mimssioni del Mossad in Iran
Le bugie delle mappe, di Paul richardson, sui miti che gli esseri umani hanno costruito sulla geografia
E infine “Un destino parallelo, la storia del mondo vista attraverso gli occhi dell’Islam”



