Quando sono stato all’Ulissefest (a Rimini, nel giugno 2018, ne ho scritto in questo post) uno degli ultimi incontri era dedicato ad una pubblicazione “particolare”, almeno per chi come me scrive su un blog. Si trattava di un titolo che avrebbe dovuto spiegare “come diventare scrittori di viaggio“. Letteralmente.
Come diventare scrittori di viaggio. Ulissefest
Il libro, così come tutto il festival, era curato da EDT, la casa editrice torinese che pubblica, tra le altre cose, le guide Lonely Planet in Italia. Ho una buona quantità di queste guide nella mia libreria ma tutti sappiamo quanto, negli ultimi dieci anni (ma forse anche solo 5) il mercato dell’editoria sia cambiato.
Ormai i dinosauri come il sottoscritto, che girano il Sud America con 3 guide cartacee dal peso di 1kg l’una, sono davvero pochi. Le informazioni sono molto più aggiornate online ed è anche più semplice trovare quello che si sta cercando, che sia un ristorante vegano a Città del Messico o un parrucchiere che usa solo prodotti bio a Quito. EDT affronta quindi, con coraggio, la sfida presentata da internet e dal mondo online cercando di esplorare territori diversi ma contigui. E fin qui ci siamo.
I want to be a travel writer
…sembrava essere la risposta che gli dei dell’editoria avevano mandato in terra per permettermi di capire il funzionamento di questo moderno sistema all’intersezione tra l’homeless, il nomade digitale, lo scrittore spiantato, il SEO e l’influencer.
TheLazyGeographer
Una piccola introduzione è importante per far capire che ci tengo alle case editrici e ad EDT in particolare. Ora però torniamo alla pubblicazione “particolare” di cui parlavo all’inizio. Si tratta di un libro-guida al mondo del racconto di viaggio e s’intitola “Come diventare scrittori di viaggio”. Anche questo libro ha una sua origine per il mondo anglosassone e l’adattamento italiano immagino sia costato molta fatica.
Già all’incontro di Ulissefest, quindi in casa, EDT ha dovuto “difendersi” da chi riteneva che la scrittura di viaggio non si possa insegnare (vi prego, non riapriamo il dibattito sulle classi di scrittura creativa perché è quasi peggio dei vaccini). Al di là di questa discussione che trovo abbastanza sterile, da buon pragmatico mi piacerebbe capire se dentro a questo libro, che ha un titolo che non lascia spazio a dubbi, ci sono dei consigli utili.
In effetti a vederlo così, per chi si occupa di un blog di viaggio, il libro sembrava essere la risposta che gli dei dell’editoria avevano mandato in terra per permettermi di capire il funzionamento di questo moderno sistema all’intersezione tra l’homeless, il nomade digitale, lo scrittore spiantato, il SEO e l’influencer. Non avrebbe certo potuto avere tutte le risposte, ma almeno avrebbe potuto offrire consigli, una linea da seguire, un filo per uscire dal labirinto senza essere mangiati dal minotauro. Ebbene, tagliamo corto, il mio ottimismo era mal riposto e non vi confesso che fatico a mascherare la delusione.
O forse no
Purtroppo le considerazioni espresse nel libro possono essere interessanti solo per chi non ha modo di digitare il titolo nella barra di ricerca di google. Il testo base diciamo, è davvero povero di spunti e di consigli che non vadano oltre l’ovvio. A proposito dei post di un blog viene detto:
- pianificate ogni post (tesi, struttura e conclusione)
- siate creativi
- agganciate il lettore con una prima frase impeccabile
- le liste sono perfette perché si assorbono con un’occhiata
- l’immagine è importante
- non abbiate paura di provare cose nuove
- (e poi la mia preferita) siate voi stessi
Ora, non posso immaginare una persona che scriva su un blog di viaggio e già non sappia queste cose. Il fatto che poi si seguano queste regole è un altro discorso. Io odio le liste, le frasi impeccabili, essere se stessi e i post che hanno numeri dispari nel titolo. Detto questo alcune volte si prova e si vede cosa salta fuori.
Un po’ più interessanti sono le schede che presentano altri blogger, scrittori di viaggio o nomadi digitali.
Come diventare scrittori di viaggio. Conclusioni
Confesso. Mi sembra che il libro voglia arrampicarsi sugli specchi. Anche nelle interviste ad altri blogger quello che emerge è che tutti hanno iniziato almeno 4/5 anni fa se non 10 o 12. Il punto è che adesso il mercato è saturo e diventare scrittori di viaggio, o vivere con un blog, è oggi mooolto più difficile che qualche anno fa. Questa è la stessa ragione per cui questo pezzo verrà letto da qualche decina di persone e non da qualche decina di migliaia. Se anche solo andate a fare una ricerca su google in italiano per la sola, che ne so, Armenia, troverete migliaia di pagine di blog/racconti/pubblicità/markette e prima di arrivare da me ci vorrà un po’ d’insistenza e tempo.
Capite che lo sforzo di EDT e di Lonely Planet mi sembra davvero arrivato fuori tempo massimo. Non aggiunge nulla a quello che si può trovare su internet, magari in un ben avviato blog anglosassone.
Insomma, l’operazione sa un po’ di furbizia. Anche se poi sono abbastanza convinto che tutte le persone coinvolte avessero il cuore dalla parte giusta. Riprovaci ancora EDT.
Come diventare scrittori di viaggio – The travel book
Giusto per farvi capire che ci tengo a EDT, vi mostro le differenze con un’altra pubblicazione, “The Travel book”. Si tratta di un libro fotografico “The travel book – a journey through every country in the world”, la cui versione inglese è edita da Lonely Planet mentre quella italiana è curata da EDT. L’ho trovato molto bello, con foto spettacolari e testi semplici ma azzeccati, sia nella versione inglese che in quella italiana (consultata in libreria).
Direi che questo è tutto, il post sul libro come diventare scrittori di viaggio è finito. Interessante? forse si forse no. Se poi se riuscite a diventare scrittori di viaggio sarei feliccissimo per voi.
Allora, che ne dite di parlare dell’illuminismo perduto nell’Asia centrale?
O magari delle spedizioni inglesi alla ricerca del passaggio a Nord Ovest con i ragazzi di Barrow?
C’è poi la storia di Alexander Von Humboldt e un bell’incrocio tra viaggi e sport.
Infine, la domandona, perché viaggiamo? (almeno lo facevamo prima del coronavirus 🙂
Alla fine bisogna ammettere che il momento d’oro dei travel writer è passato. Si possono ancora fare belle mcose ma credo che il punto sia trovare una chiave di lettura differente. Adesso è difficile immaginarla ma poi qualcuno la troverà e diventerà ovvia. Spostare il limite credo si potrebbe definire.