Oggi vi parlo di un viaggio differente da quelli di cui sono solito scrivere, uno di quei viaggi che per ora si possono fare solo con un libro e non fisicamente. Non volgio allungare troppo il brodo per cui arrivo al sodo, oggi mi occuperò di Universo e in particolare del libro “Non siamo soli” di Avi Loeb, edito da Mondadori.
Non siamo soli di Avi Loeb, importante precisazione per i pignolini
Lo so. Mi state dicendo che nell’Universo, nello spazio, ci si può andare, e in realtà lo si può fare anche da un po’ di tempo. Avete ragione, nello spazio ci si può andare, ma a parte qualche miliardario in crisi di mezza età non possiamo dire di essere al punto in cui si possa scegliere tra il Salento e la Luna, tra un trekking alle tre cime di Lavaredo e la Valle Marineris marziana.
Per fortuna però possiamo provare a fare questo viaggio anche con i libri. Non ci rimane quindi che prendere in mano “Non siamo soli” di Avi Loeb e iniziare a leggere.
Non siamo soli ok, ma di cosa stiamo parlando esattamente?
Un oggetto strano è apparso nel nostro sistema solare nell’Ottobre del 2017. Era il primo oggetto proveniente dallo spazio esterno ad essere entrato nel nostro sistema solare, era molto piccolo e ce ne siamo accorti quando già se ne stava andando, per cui non abbiamo foto (in realtà articoli recenti sembrano indicare che un meteorite proveniente dall’esterno del sistema solare si sia disintegrato nel 2014 sopra l’oceano Pacifico. Se questo possa riscrivere la precedenza in termini di oggetti interstellari non lo so davvero ma mi sembrava giusto citarlo). Torniamo a noi. L’oggetto intravisto proveniva insomma da un altro sistema stellare e ha proseguito verso un altro sistema stellare. Qualsiasi cosa fosse è stato chiamato Oumuamua.
Mentre la maggior parte diegli astronomi ha concluso che si trattasse di uno stranissimo (per via di forma, dimensioni e altri dettagli astornomici) asteroide, Avi Loeb, i cui ruoli e titoli accademici sono innumerevoli e comprendono quello di più longevo Presidente del dipartimento di Astronomia di Harvard, fondatore della Black Hole Initiative (vi ricordate la foto del buco nero? ecco quella cosa lì è uno dei tanti prodotti della BHI), Direttore dell’Istituto per la teoria e la computazione di Harvard – Smithsonian e altri ancora che per brevità ignoro, Avi Loeb insomma ha ipotizzato che si trattasse di un relitto tecnologico di un’altra civiltà.
Una specie di boa interstellare o una vela solare che per qualche motivo è finita alla deriva nel “nostro giardino” prima di essere portata dal vento solare in un altro luogo.
Ci tengo a precisare che l’ipotesi contenuta in Non siamo soli di Avi Loeb non è una boutade provocatoria senza basi. Si tratta di un vero e proprio lavoro scientifico in cui i dati raccolti (dimensioni, accellerazione non gravitazionale dell’oggetto, assenza di una chioma, luminosità, velocità di rotazione…) vengono interpretati alla luce delle conoscenze che abbiamo degli oggetti interstellari e dello spazio.
Se in non siamo soli di Avi Loeb si parla di relitti di altre civiltà significa che sono arrivati gli alieni?
Non proprio gli omini verdi diciamo. Anzi, per nulla omini verdi. L’ipotesi di Loeb del relitto tecnologico è descritta in questo libro ma non c’è solo questo. C’è molto di più e forse è proprio questa la cosa più interessante.
Di Oumuamua infatti non riusciremo mai a scoprirne la natura in maniera definitiva. È arrivato, è passato e se n’è andato. Raggiungerlo sembra per ora ai limiti dell’impossibile (sebbene qualcuno abbia proposto il Progetto Lyra, un audace lancio di una sonda che in 20 anni circa potrebbe rintracciarlo) e quelli che ci rimangono sono i dati ottenuti dai telescopi che per un po’ l’hanno seguito. Questi dati non metteranno mai tutti d’accordo.
Chiarito questo punto Loeb però ci invita a dare un lettura propositiva di questo evento, a cercare di sfruttare questo strano passaggio per prepararci a quello che fra poco, molto probabilmente, scopriremo in maniera inequivocabile: la vita nell’universo.
L’idea del relitto tecnologico dovrebbe portarci ad attrezzare la nostra mente, e a puntare le nostre risorse tecnologiche, verso l’obiettivo di trovare la vita nell’universo e potrebbe inoltre costringerci ad ingegnarci, percorrendo strade che altrimenti, se pensassimo che Oumuamua è solo un pezzo di roccia, non inizieremmo mai a percorrere.
Conclusione su Non siamo soli di Avi Loeb
Questo messaggio di speranza, di curiosità e di audacia (là dove nessun uomo è mai giunto prima…) appare molto bello, specie se viene da uno di quei professoroni che spesso non muovono un muscolo senza avere conferme e certezze, anche per paura delle ricadute mediatiche delle proprie parole.
Loeb non ha questa paura e forte della sua posizione affermata ci lancia una sfida e ci dice che se sapremo coglierla potremmo avere finalmente una risposta alla più grande domanda dell’umanità.
Nel libro vengono poi citati da Loeb alcuni casi che dovrebbero farci capire da che parte soffia il vento in materia di vita. C’è la famosa roccia marziana (ALH84001) che per uno studioso contiene prove di vita su Marte, ci sono le tracce di fosfina (sulla terra prodotta solo dagli esseri viventi) nelle nubi di Venere (che ad una seconda analisi sembra però essere solo anidride solforosa), c’è Europa con i suoi mari d’acqua sotto una crosta ghiacciata che potrebbero ospitare la vita.
Insomma, se anche nel nostro infinitesimale giardino ci potrebbero essere traccia di vita, figurarsi in quell’immenso oceano che è l’universo.
Il post su “Non siamo soli” di Avi Loeb è finito, andate in pace. Se non volete andare proseguite cliccando sui link:
I ragazzi di Barrow, storia delle esplorazioni ingelsi nel 1800
Noi però gli abbiamo costruito le strade, analisi del colonialismo italiano
L’impero Asburgico di Pieter Judson
Storia del Medio Oriente Moderno di James Gelvin