Noi però gli abbiamo costruito le strade, il colonialismo italiano in Africa

Questa settimana si torna alla letteratura. Vi voglio infatti parlare di un libro che s’intitola “Noi però gli abbiamo costruito le strade” ed è il secondo testo scritto da Francesco Filippi ed edito da Bollati Boringhieri. Del primo ne avrete probabilmente sentito parlare visto che ha riscosso un notevole successo. S’intitolava “Mussolini ha fatto anche cose buone – le idiozie che continuano a circolare sul fascismo”.

Noi però gli abbiamo fatto le strade copertina
Noi però gli abbiamo costruito le strade, copertina.

Come per il libro su Mussolini anche in questo caso Filippi, che è uno storico e cofondatore dell’Associazione Deina, ci porta per mano in un tratto di storia italiana in genere poco frequentato, quello appunto del colonialismo italiano.

Cosa sapete, e cosa sappiamo, sul colonialismo italiano?

Per lungo tempo lo studio sul colonialismo italiano è stato portato avanti solo da Angelo Del Boca, che ha avuto l’assoluto merito di portare alla luce le nefandezze più bieche del colonialismo italiano e suscitare un dibattito importantissimo. Da “Italiani, brava gente?” sono passati 15 anni e pur essendo uscito qualche altro titolo sulla questione (in particolare altri sempre a firma Del Boca) direi che è giusto aggiornare il dibattito.

L'Africa Orientale Italiana in una cartina presente nel libro
Noi però gli abbiamo costruito le strade. L’Africa Orientale Italiana in una cartina presente nel libro

Il taglio scelto da Filippi è leggermente diverso di quello di Del Boca. Se quest’ultimo aveva per un’ampia dissertazione, colonia per colonia, evento per evento, di tutte le atrocità del colonialismo italiano (almeno quelle allora conosciute), Francesco Filippi preferisce invece delineare un quadro generale, trattando tematiche astratte e dando poi singoli esempi della brutalità colonialista.

Il dibattito sul colonialismo italiano

Quello a cui tiene in modo particolare Filippi è la sottolineatura di due aspetti:

  • Il primo è legato alla continuità. Non c’è infatti una diversità di vedute e di approcci tra il colonialismo liberale fine ottocentesco e quello fascista. Le premesse possono forse essere parzialmente differenti (portare la civilizzazione da un lato e grandeur imperiale dall’altro) ma gli esiti sono terribili e disastrosi in entrambi i casi. L’attribuire la brutalità colonialista solo al fascismo è un comodo escamotage post seconda guerra mondiale per non dover fare i conti con i nostri scheletri nell’armadio.
  • Il secondo aspetto è legato alla scarsa discussione, accademica ma anche sui media, sul colonialismo italiano. Certo, ci sono evidenti motivi per questa dimenticanza. L’ultimo pezzo di colonialismo italiano si è chiuso nel 1960 (fine dell’amministrazione fiduciaria della Somalia) ma tutto “l’Impero” italiano è finito in pratica nel 1941 (quando gli inglesi hanno preso il controllo dell’Africa Orientale Italiana, dopo meno di un anno dall’entrata in guerra dell’Italia). Il colonialismo rimane quindi un ricordo vago e le lotte indipendentiste soffocate nel sangue (in particolare quelle libiche con Omar Al Mukhtar e quella etiope, proseguita ben dopo l’entrata delle truppe italiane ad Addis Abeba) sono poi ancora più risalenti.
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Noi però gli abbiamo costruito le strade. Omar Al Mukhtar, eroe della resistenza libica all’invasione italiana

Si capisce quindi che, al contrario della Francia e dell’Inghilterra, l’Italia non ha dovuto, nel secondo dopoguerra, fare i conti con movimenti di liberazione e sanguinose guerre d’indipendenza. Inoltre il numero di coloni italiani è sempre stato piuttosto esiguo, sicuramente non tale da poter generare un dibattito nell’opinione pubblica.

Noi però gli abbiamo costruito le strade, la mia opinione

Fatte queste premesse è però doveroso interessarsi, studiare e analizzare il periodo storico coloniale, che ha abbracciato 80 anni e tanti diversi governi e istituzione politiche. I massacri di Debre Libanos, Addis Abeba, il genocidio delle popolazioni libiche e le tremende atrocità commesse in tutta l’Etiopia devono essere analizzare e ripetute e questo libro fa proprio questo fondamentale lavoro, per di più inquadrandolo in un’ottica generale dove si approfondiscono i temi della sessualità (partendo dall’idea, portata avanti da Montanelli, che “in colonia era diverso”), del razzismo e, ovviamente, anche delle strade.

Accanto a nomi abbastanza noti come quello del macellaio del Fezzan, Rodolfo Graziani, o del generale Badoglio, che vengono ricordati per le atrocità commesse nel nome dell’imperialismo italiano, ci sono poi tutta una serie di personaggi e credenze razziste che ancora oggi non molte persone attribuiscono al colonialismo italiano.

Rodolfo Graziani, all'epoca fascista conosciuto anche come il pacificatore della Libia, oggi come il macellaio del Fezzan.
Noi però gli abbiamo costruito le strade. Rodolfo Graziani, all’epoca fascista conosciuto anche come il pacificatore della Libia, oggi come il macellaio del Fezzan.

Il libro inoltre non solo di Africa parla. Qualche capitolo è dedicato all’assurda spedizione militare italiana in Cina del 1900 (da cui spuntò fuori la concessione italiana di Tientsin) e al possedimento italiano del Dodecaneso (tra cui la splendida isola di Rodi).

In definitiva il quadro che emerge è chiaro e molto poco lusinghiero: il colonialismo italiano non era solo, o non solamente, straccione, ma anche crudele, oppressivo e razzista, tanto quanto quello di tutte le altre nazioni europee. Insomma, fate un pensiero a questo libro, magari anche per Natale.


Il post sul libro “Noi però gli abbiamo costruito le strade” è finito, qui vi lascio qualche link di miei post recenti e di qualche altro libro:

L’impero Asburgico di Pieter Jackson

Diavoli stranieri sulla via della seta di Peter Hopkirk

Il cappello di Vermeer di Timothy Brook

Non potrebbe mancare in questi link la grande opera di David Van Reybrouck, Congo

Infine, se volete avere qualche spunto per viaggiare vi lascio due link sul Perù : l’eccezionale ristorante Central a Lima e cosa vedere a Huaraz

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