La rubrica Borders / confini ci porta questa volta in Armenia. Ho attraversato il confine tra Armenia e Georgia in due zone differenti. Quando siamo passati per Guguti/Gogavan, nel 2016, il soldato armeno che mi ha controllato il passaporto era convinto che fossi un giornalista diretto in Azerbaijan e passò qualche minuto a valutare se fosse il caso o meno di farmi entrare. Perché i giornalisti possono essere un problema e l’Azerbaijan lo è ancora di più.
Il bello di un confine
Il bello di un confine è anche questo. Traffici strani, personaggi (mai parola fu più adatta) borderline e poi l’assoluta arbitrarietà di decisioni per cui non ci può essere appello. Abituati a parlare di diritti, ricorsi, sospensive e prescrizioni, rimanere in balia della volontà di una persona che non si conosce, senza avere alcun modo con cui contrastarne la decisione, si rivela essere ansiogenamente inebriante e piuttosto fastidioso allo stesso tempo.
Alla fine passai. E a pensarci non mi è mai capitato di essere respinto ad un confine, ma un paio di volte (Cambogia e Stati Uniti) ci sono andato abbastanza vicino.
Il passaggio nell’altro confine, quello più trafficato di Sadakhlo – Bagratashen è andato invece liscio come l’olio (nel 2014).
Armenia e Rivoluzione di velluto. Cosa farà Pashinyan adesso?
Bisogna dare atto all’Armenia di non aver fatto troppi piagnistei per la situazione in cui si trova. E questa è tutt’altro che rosea. Le proteste di piazza del 2018 (“rivoluzione di velluto“), e le successive elezioni, hanno portato al potere un presidente, Nikol Pashinyan, che ha un’aria da serio professore relativamente estraneo al “sistema”, con in mente un progetto di cambiamento radicale della politica e dell’economia armena.
Le ragioni che hanno portato alla caduta (prima) e alla sconfitta elettorale (dopo) dell’ex presidente Serzh Sargsyan sono facilmente individuabili proprio attraversando il confine Georgia – Armenia e muovendosi verso la capitale.
Un passato che non passa
Le campagne armene e le città che si trovano lungo la strada (tra cui la gola del Debed, area con molti monasteri) sembrano non aver ancora superato il crollo dell’Unione Sovietica, avvenuto 30 anni fa. Il mix fra economia agricola e megacomplessi industriali che lavoravano materie prime provenienti da vari stati dell’URSS, per poi essere rivendute all’interno del mercato unico sovietico, non ha retto all’urto del capitalismo. Prodotti migliori e meno costosi vengono creati in occidente e oriente e l’economia armena, povera di risorse, è crollata.
I problemi post indipendenza divennero tali da costringere lo stato ad annullare i progetti di spegnimento del reattore di Metsamor, un modello (VVER-440) piuttosto antiquato (e pericoloso) ma che produce ancora il 40% di tutta l’energia elettrica utilizzata in Armenia. E gli inverni nel Caucaso sono ancora molto freddi, nonostante il riscaldamento globale.
Il nuovo presidente Pashinyan proverà a rimettere in moto il motore armeno. La sua coalizione, alle più recenti elezioni, ha raccolto il 70% dei voti, quindi sembrerebbe avere tutta la possibilità di realizzare riforme importanti.
I confini dell’Armenia.
Isolamento, capitolo 1, Turchia
Se guardate una mappa dell’Armenia vedrete che occupa una posizione alquanto particolare.
A partire dal lato ovest abbiamo un confine, quello con la Turchia, che è chiuso. D’altronde l’Armenia non ha buoni rapporti con la Turchia. E non potrebbe essere diversamente dato che i Turchi non riconoscono il genocidio del 1915. Con Erdogan difficilmente le cose cambieranno presto, anche se fino a poco tempo fa colloqui tra le due nazioni erano in corso. Inoltre molti dei luoghi che costituirono l’Armenia storica sono ora in Turchia (Ararat, Van, Kars), fatto che non contribuisce ad alleggerire le relazioni tra i due Stati.
Isolamento capitolo 2, Azerbaijan, Nagorno Karabak e…
Se si guarda invece ad est si può notare che l’Armenia confina con l’Azerbaijan, uno stato ricco di petrolio, con una capitale, Baku, che ospita tornei di tennis, formula 1 e alcuni edifici dalle forme ardite progettati da grandi architetti internazionali.
Allo stesso tempo lo Stato viene governato come un feudo personale dalla famiglia Aliyev (Heydar Aliyev, presidente dal 1993 fino alla morte avvenuta nel 2003 e succeduto dal… figlio, Ilham Aliyev, tutt’ora presidente). Il punteggio che Freedom House attribuisce allo stato azero è un lusinghiero 12/100. Viene inoltre precisato che nel 2017:
- Ilham Aliyev ha nominato sua moglie vicepresidente (non si mai).
- Ci sono stati una serie di arresti di persone LGBT la cui colpa è solo quella di essere omosessuali.
- È venuta a galla l’esistenza di uno schema di riciclaggio fondi neri, circa 2,9 miliardi di dollari, usato per portare avanti interessi azeri in ambito europeo.
Il pomo della discordia tra azeri e armeni non è però il grado di democrazia dei propri paesi ma il Nagorno Karabak (anche detta Repubblica di Artsakh). LA regione è stata recentemente al centro di scontri anche piuttosto violenti. L’Azerbaijan gode dell’appoggio turco e soprattutto di un budget militare che ha toccato il 5% del PIL. La Repubblica del Nagorno Karabakh ha invece l’appoggio, informale ma chiaro e concreto, dell’Armenia.
Il Nagorno Karabakh è a maggioranza armena ma, fin dai tempi dell’Unione Sovietica, attribuita alla Repubblica Azera (perché? diciamo che fu una decisione di Stalin per non inimicarsi i musulmani azeri e i turchi, che da sempre appoggiano l’Azerbaijan).
Al momento del crollo dell’Unione Sovietica il vaso di Pandora si aprì, la maggioranza armena imbracciò le armi e, aiutata dall’Armenia stessa, riuscì a rendersi de facto indipendente. La situazione è poi rimasta in una fase di stallo fino a qualche settimana fa, quando entrambe la parti, Repubblica di Artsakh e Azeri, si sono accusati di una violazione del cessate il fuoco e di aver bombardato zone residenziali civili. Per io momento sembra che i combattimenti siano concentrati nella zona del confine, ma fonti azere, alcuni mesi fa, sembra abbiano dichiarato che potrebbero anche attaccare con dei missili il reattore nucleare di Metsamor, in pratica l’apocalisse. Queste affermazioni sono state poi ritrattate dal Ministero della Difesa azero.
…Naxcivan!
C’è poi la questione dell’exclave del Naxcivan. Oltre ad aver imparato una parola nuova (exclave), vi posso dire che questo pezzo di Azerbaijan incastrato tra Turchia e Armenia è anch’esso frutto del casino post Unione Sovietica. Negli anni ’90 la tensione salì fino al punto in cui s’immaginava imminente un’invasione armena del Naxcivan ma la posizione ostile della Turchia e la mediazione russa fecero si che il Naxcivan mantenesse una sua autonomia pur inserendosi all’interno della Repubblica Azera.
Isolamento capitolo 3, Iran
Il confine sud dell’Armenia è con l’Iran. Serve che aggiunga qualcosa? Forse si. L’isolamento dell’Iran, a dispetto della cultura millenaria e della sua ricchezza di risorse, soprattutto petrolifere, è un dato di fatto.
Lo Stato teocratico sciita non sarà un campione di democrazia ma su questo terreno sonno pochi gli stati del Golfo o del Medioriente che possono dare lezioni. In ogni caso, sarà per via dell’ostilità ad Israele, sarà per lo scontro non troppo sotterraneo con l’Arabia Saudita, sarà per le differenze religiose (sciiti – sunniti) che nascondono spesso interessi economici, ma l’Iran è tuttora isolato e in grandi difficoltà economiche. Nonostante questo è allo studio un potenziamento delle linee elettriche tra Armenia e Iran, in modo da gestire in maniera più efficiente gli scambi di gas ed energia elettrica.
Isolamento capitolo 4, Georgia
Infine l’ultima parte di confine, quella a nord, con la Georgia. Il rapporto tra Armenia e Georgia è un po’ come quello tra due vicini che si stanno antipatici ma ogni tanto uno deve andare dall’altro a chiedere in prestito un po’ di olio, delle uova o dello zucchero per la torta.
Storicamente la Georgia è abbastanza vicina alla Turchia e per riflesso all’Azerbaijan, mentre è ai ferri corti con la Russia e le repubbliche separatiste (Abkhazia e Ossezia del Sud) da essa appoggiate. Tutto il contrario per l’Armenia che invece ospita soldati russi e non coltiva affatto buoni rapporti con Turchia e Azerbaijan.
Nonostante questo i legami armeno – georgiani sono accettabili, non fosse che per il fatto che l’unico vero cordone ombelicale che collega l’Armenia al mondo passa per la Georgia. L’Armenia non riconosce le repubbliche separatiste georgiane e ha fatto di tutto per far capire alla Georgia che non ne avrebbe appoggiato i movimenti secessionisti, ospitando invece alcune famiglie di rifugiati. Non molto ma con i tempi che tirano meglio di niente.
E il futuro?
Il mosaico di popoli che si trovano a coabitare nel Caucaso è più che mai instabile. Le tensioni fra Russia, Europa ed Occidente in genere, si riflettono anche su questi Stati. Qualcuno fa una scelta di campo netta (Georgia) altri, come l’Armenia, cercano di mantenere gli storici legami con la Russia senza però perdere il treno del mercato unico europeo. In mezzo a tutto questo covano i fuochi pericolosi dell’autoritarismo e del nazionalismo, pronti ad infiammare di nuovo la regione se a qualcuno facesse comodo.
Gli scontri di queste settimane lungo il confine tra Nagorno Karabakh e Azerbaijan sono ferite aperte che continueranno a sanguinare fino a quando Armenia e Azerbaijan non avranno il coraggio di sedersi ad un tavolo, magari “aiutati” da Russia e Turchia, e decidere di dar seguito a quello che il popolo del Nagorno Karabakh ha deciso essere il suo futuro.
Oltre alle grandi potenze mondiali ci sono poi le potenze regionali turca e iraniana, i cui rapporti sono altalenanti ed estremamente complessi.
Insomma, la speranza è che il quadro torni al più presto ad essere stabile, sperando che l’economia migliori, allontanando lo spettro della povertà da più persone possibile. Magari con un rigurgito democratico che, come sappiamo, può sbocciare anche in maniera improvvisa.
Chi è interessato ad andare in Armenia potrebbe apprezzare questo post su cosa vedere a Yerevaan, e magari anche quello sulla mistica Gola del Debed!
Se non siete ancora convinti e avete ancora bisogno di una spinta, allora vi consiglio questo articolo sui motivi per cui vale la pena fare un viaggio in Caucaso oppure vi racconto un viaggio in Georgia, da Kutaisi allo Svaneti.
Oppure via piacerebbe l’idea di cambiare scenario e andare a:
Cosa vedere a Medellin, sempre in Colombia
Infine fare un salto a Quito e scopreire se è davvero pericolosa come dicono